Taranto. Ancora guai per la famiglia Riva e l’Ilva: 7 arresti e perquisizioni

Nuova bufera sull'Ilva di Taranto: sono in corso perquisizioni e arresti. Ci sono anche il patron dell’Ilva Emilio Riva e il figlio Fabio tra le persone raggiunte da un’ordinanze di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte pressioni che sarebbero state esercitate dall'azienda relativamente ai controlli ambientali. Fabio Riva è destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere. Per Emilio Riva, che si trovava già agli arresti domiciliari nell’ambito dell'inchiesta sul presunto disastro ambientale, sono stati disposti i domiciliari. I domiciliari sono stati disposti anche per: Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento e l’ex assessore all’Ambiente, Michele Conserva. Le accuse per gli indagati sono di associazione a delinquere, disastro ambientale e concussione. I provvedimenti sono legati all’inchiesta parallela a quella per disastro ambientale, denominata ‘Environment Sold Out’. La vicenda è connessa anche a un presunto giro di mazzette che negli anni sarebbero servite ad ‘ammorbidire’ l’impatto inquinante dello stabilimento ed è proprio in questa vicenda che saltata fuori la storia di Lorenzo Liberti, il perito della procura incaricato dai pm di individuare la fonte dell'inquinamento dei terreni in cui pascolavano capre e pecore risultate contaminate da diossina e pcb, che sarebbe stato corrotto da Girolamo Archinà, l’ex responsabile delle relazioni istituzionali del colosso.

 

 

I sequestri. La procura di Taranto ha posto sotto sequestro tutta la produzione dell’Ilva degli ultimi quattro mesi. L’intera fabbricazione stoccata nell’ex yard Belleli e nei parchi della zona portuale di Taranto è finita sotto sequestro preventivo richiesto dalla procura di Taranto. Confiscate anche migliaia di lastre di acciaio e coils, grossi cilindri di materiale finito pronti per essere spediti alle industrie. Tutta la merce requisita non potrà essere commercializzata perché si tratta di prodotti realizzati in violazione della legge. Secondo la procura ionica, costituiscono profitto di reati perché realizzati durante i quattro mesi in cui l’area a caldo dello stabilimento era sotto sequestro senza alcuna facoltà d’uso. 

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