Alla vigilia degli incontri della maggioranza con i gruppi di centrodestra sulla legge elettorale, arriva la notizia che sono state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari. E come se non bastasse quest’ultimo aprirebbe le porte all’ammissibilità che la Corte costituzionale dovrà dare il 15 gennaio al referendum della Lega sulla legge elettorale, che introduce un sistema maggioritario puro, all’inglese. Ci sono tutti gli ingredienti per un rompicapo e un ingorgo di referendum in primavera mai visto nella storia della Repubblica.
All’indomani del raggiungimento al Senato delle 64 firme necessarie per chiedere il referendum confermativo sulla legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, la maggioranza avvia i suoi incontri con le opposizioni sulla legge elettorale. Intanto il leader del M5s Luigi Di Maio si dice sicuro che al referendum i cittadini sceglieranno bene. Ma vorrei anche dire ai 64 firmatari – aggiunge – che forse potevano andare in piazza a raccogliere le 500mila firme che servono per la richiesta del referendum, fare dei banchetti, insomma coinvolgere le persone veramente. Ma dubito che le avrebbero raccolte.
Una reazione stizzita, alla Beppe Grillo: “Ma vaffanc***”. In prima pagina sul Tempo Luigi Di Maio reagisce così, senza censure, alla notizia del referendum sul taglio dei parlamentari che mette a rischio la misura-bandiera del Movimento 5 Stelle.
Il paradosso è che lui, ripreso al termine di una puntata di Otto e mezzo in cui era ospite di Lilli Gruber in studio, si alza dalla sedia e se ne va, mentre molti parlamentari, se la riforma venisse bocciata alle urne, alla poltrona resterebbero attaccati. Anzi, attaccatissimi.
Ma il tema che ha acceso i capannelli in Transatlantico è una seconda possibile conseguenza del referendum, che si dovrebbe tenere tra maggio e giugno: per un cavillo giuridico la mancata promulgazione definitiva del taglio dei parlamentari a gennaio, renderebbe più plausibile che la Corte costituzionale ammetta il 15 gennaio il referendum elettorale della Lega. Questo propone di eliminare dal Rosatellum la parte proporzionale lasciando solo i collegi maggioritari uninominali. Se effettivamente la Consulta dovesse dichiarare ammesso il referendum della Lega, ma diversi giuristi dicono che non lo sia in ogni caso, in primavera si terrebbero due referendum, uno costituzionale ed uno abrogativo, il primo senza quorum ed il secondo con quorum, e magari nella stessa data. Mai accaduto finora.
Ma ora che succede? L’ultima parola spetterà agli italiani. Saranno loro e solo loro a decidere se mantenere il Parlamento nella sua attuale composizione, oppure procedere con il taglio del 30%, come deciso in una recente riforma costituzionale. Qualcuno si domanda se questo referendum inciderà sulla possibilità di andare, o meno, a elezioni anticipate. Diciamo subito che, prima che gli italiani saranno consultati con il referendum, qualora si dovesse tornare a elezioni politiche anticipate si dovrebbero eleggere tutti i parlamentari attualmente in carica, senza tenere conto della riduzione.