Nel cuore del Testaccio, al Teatro Vittoria, è in scena Streghe da marciapiede, un’opera intensa e sfuggente firmata da Francesco Silvestri e reinterpretata con mano personale e visionaria dal regista Stefano Amatucci. La pièce, originariamente del 1992, torna a vivere con un cast affiatato, noto al grande pubblico grazie alla serie Un posto al sole, ma capace qui di mostrare sfumature del tutto nuove.
La storia si snoda come una black-comedy dai contorni grotteschi e noir: quattro prostitute vengono interrogate per l’omicidio di un giovane uomo misterioso, mai visibile in scena ma presente come un’ombra, un’ossessione, un simbolo. La scelta registica di Amatucci di eliminarlo fisicamente dalla scena lascia campo libero alla potenza dei monologhi, ma rischia di rendere difficile la comprensione di alcuni passaggi, soprattutto per chi non abbia dimestichezza con la lingua e i ritmi del dialetto napoletano, spesso densi e carichi di sottotesto.
Le attrici — Gina Amarante (Morena), Luisa Amatucci (Alba), Miriam Candurro (Tuna), Antonella Prisco (Gina) — offrono una prova corale vibrante, in cui ognuna costruisce un universo emotivo complesso, fragile e feroce. Le loro confessioni, tra flashback e realtà, si intrecciano con quella dell’Ispettore (interpretato da Peppe Romano), unico uomo in scena e figura ambigua, ora indagatore, ora vittima, ora spettatore impotente della deriva allucinata degli eventi.
L’ambientazione anni Venti, con costumi liberty firmati da Teresa Acone e una scenografia ridotta all’essenziale ma sapientemente illuminata, rafforza il carattere surreale e sospeso dell’opera. Le luci disegnano un continuo passaggio tra presente e passato, tra ciò che è accaduto e ciò che potrebbe essere solo frutto di una mente distorta.
Il testo di Silvestri conserva intatta la sua carica evocativa, in bilico tra immaginazione e crudele verità, tra disperazione e poesia. Le protagoniste, moderne streghe urbane, manipolano, seducono e confondono, muovendosi in un racconto che è al tempo stesso crime e metafora esistenziale.
Streghe da marciapiede non è uno spettacolo “facile” — richiede attenzione, ascolto e un certo abbandono all’assurdo. Ma chi accetta la sfida viene ricompensato con un’esperienza teatrale densa, perturbante e, in molti momenti, di rara intensità.
Stefano Dell’Accio