Stop all’export rifiuti e riciclo: il piano dell’Ama

C’è un piano industriale ambizioso presentato dall’Ama guidata da Stefano Zaghis, da circa 700 milioni di euro, che agganciandosi al Pnrr potrebbe sistemare definitivamente l’annoso problema della gestione dei rifiuti di Roma Capitale. Ben 340 milioni sono destinati a rendere autonoma la città nel trattamento della mondezza, un problema di non poco conto visto che ogni anno oltre 400 mila tonnellate dei rifiuti romani vengono portati altrove in giro per l’Italia; sono ben 11 le regioni coinvolte che trattano e smaltiscono questo enorme surplus. L’altra parte del piano mira a risanare i conti a seguito della due diligence condotta da Ama con la riapertura dei bilanci del periodo 2003-2016. Il progetto è stato approvato lo scorso maggio dall’assemblea degli azionisti Ama Spa. Il risanamento finanziario è fondamentale ma l’obiettivo ultimo principale è bloccare appunto l’export dei rifiuti. Dei 340 milioni destinati al piano industriale la metà verranno infatti investiti per rinnovare il parco veicoli e l’altra metà per realizzare nuovi impianti visto che la Capitale ha un deficit di strutture per il trattamento dei rifiuti consistente e il Lazio non è da meno: sono 44 gli impianti necessari.

Secondo il piano industriale l’Ama avrà due impianti già muniti delle autorizzazioni necessarie (Via e Aia ndr) che potranno trattare ciascuno 60 mila tonnellate l’anno di rifiuti organici; obiettivo raddoppiabile a lungo termine. Inoltre sono previsti due impianti per la carta e due per plastica, vetro e metalli che tratteranno complessivamente oltre 300 mila tonnellate di rifiuti. Per chiudere il cerchio a stretto giro è previsto anche un nuovo impianto Tmb da 540 mila tonnellate l’anno e un altro da 20 mila tonnellate l’anno per riciclare teli ospedalieri, pannolini e assorbenti.
Il piano nel lungo periodo punta a scongiurare l’export di rifiuti, obiettivo che può essere raggiunto solo aumentando gli impianti di proprietà da parte di Ama: entro il 2024 l’azienda municipalizzata infatti si è prefissata di passare dall’attuale 15% al 75%. Aumentando gli impianti l’Ama potrà innanzitutto fatturare vendendo carta, plastica e altri materiali riciclati, potendosi così permettere di abbassare la tanto odiata Tari. Inoltre, con questa operazione, si darà un senso anche alla raccolta differenziata visto che senza impianti di trasformazione del rifiuto a questa pratica virtuosa mancherebbe l’ultimo tassello fondamentale. Per capire quanto sia importante questo passaggio basta fare un piccolo esempio. Negli ultimi anni le aziende produttrici di paraurti per automobili hanno sempre maggiori difficoltà a reperire materie prime per realizzare i manufatti. Lavorando sul riciclo e sul trattamento della plastica l’Ama potrebbe inserirsi in questo mercato ottenendo un doppio risultato: recupero e guadagno.

L’ammodernamento degli impianti inoltre permetterebbe di abbassare il livello di Co2 emesso per il trattamento dei rifiuti, in linea con i dettami Ue che chiedono entro il 2030 una riduzione del 55% di emissioni di anidride carbonica dei paesi membri.
Questo piano andrebbe a chiudere il cerchio lasciato aperto dalla Regione Lazio che Zingaretti nell’agosto 2020 ha presentato il nuovo piano gestione rifiuti che punta sostanzialmente solo sulle discariche, con il 70% di differenziata che però, per avere un sistema virtuoso, deve anche poter essere trattata.
Questa piccola rivoluzione raggiungerà il suo scopo finale e determinante con la realizzazione di impianti di trasformazione energetica del rifiuto, situazione che farebbe balzare la Capitale nell’olimpo dei gestori virtuosi della mondezza superando definitivamente la costante gestione emergenziale dei rifiuti che ha caratterizzato Roma negli ultimi decenni.
Una rivoluzione che sta incontrando non poche resistenze visto che taglierebbe alcuni canali di guadagno legati alla gestione attuale. Resistenze che però potrebbero essere superate grazie allo stretto legame di questo piano ambizioso con i finanziamenti previsti per Pnrr. Inoltre, l’Italia ha un problema di surplus di rifiuti di circa 400 mila tonnellate annue e se si bloccasse l’export della mondezza romana, che si attesta sulla medesima cifra, anche il Paese ne beneficerebbe. Se la politica nazionale coglie questo aspetto si potrebbe aprire oltrepassare questo muro di gomma legato al vecchio business dei rifiuti.

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