Sterilgarda e Green pass: ‘Sospesi dal lavoro i dipendenti che non lo hanno’

Un cambio di mansioni e, dove questo non fosse possibile, la sospensione dal lavoro e dallo stipendio. È quello che rischiano i lavoratori della Sterilgarda senza Green pass, in base a quanto comunicato nelle scorse ore dall’azienda. «È convinzione della società che gli strumenti di contenimento della pandemia, in primis i vaccini, siano e saranno fondamentali per evitare la reintroduzione di misure restrittive. Tutelare l’azienda dai rischi biologici rientra tra gli obblighi del datore in tema di sicurezza sul posto di lavoro», si legge nella lettera inviata dalla società ai 350 dipendenti e ai fornitori e subito diventata pubblica.

La decisione, che si inserisce nel solco dell’idea lanciata qualche giorno fa da Confindustria, sta facendo discutere moltissimo, con minacce di boicottaggio da un lato e applausi dall’altro, e ha fatto entrare l’hashtag Sterilgarda in tendenza su Twitter. Insomma, il caso è diventato subito lo specchio del dibattito in atto nel Paese. Con il governo tentato dall’opzione.

Alla sola ipotesi di introdurre anche in Italia il possesso del green pass per consentire l’accesso a stadi, ristoranti e altri luoghi pubblici si è risposto soprattutto con slogan. L’idea è stata liquidata come uno scherzo dal leader della Lega, definita addirittura «raggelante» da Giorgia Meloni, in insanabile contrasto con la libertà individuale «sacra e inviolabile».

Tutto ciò distrae da una questione che è, invece, terribilmente seria e davvero merita di essere sottratta alla propaganda, specie ora che la maggioranza degli italiani ha ricevuto almeno la prima dose e quindi una prospettiva del genere diventa assai più concreta.

Quando la campagna vaccinale stava per partire ci eravamo chiesti se lo Stato avrebbe potuto costringere i cittadini alla profilassi. Anche allora, infatti, alcuni si opponevano per principio sventolando il vessillo della libertà, quasi mai però declinandone un significato intellegibile.

Nella nostra Costituzione, dicevamo, la salute non è tutelata solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività. Ciò consente l’imposizione di un trattamento sanitario se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri», come ha stabilito la Corte costituzionale nel 2018.

D’altro canto, la Costituzione stessa consente di introdurre limiti alla libertà di circolazione proprio per motivi di sanità. Intravediamo quindi lo spazio per istituire, per legge, non tanto una prescrizione, un trattamento sanitario obbligatorio, quanto qualcosa che somigli a un onere.

L’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro.

Queste potrebbero essere le conseguenze per chi non si è dotato di Green Pass: “Il datore, ove possibile, potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell’azienda“.

Sulla questione, però, è già stata sollevata la questione della privacy: il vaccino contro il coronavirus, a meno che non si parli delle professioni sanitarie, non è obbligatorio nel nostro Paese e quindi così facendo l’azienda andrebbe a richiedere un’informazione, quella sull’esecuzione o meno del vaccino, che non le è data sapere. Altri, invece, ritengono che sospendere un lavoratore non vaccinato per tutelare la salute degli altri dipendenti sia nelle facoltà del datore di lavoro. Insomma, se da un lato nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non lo dispone la legge (come ribadisce l’articolo 32 della Costituzione italiana), ma dall’altro l’articolo 2087 del Codice civile afferma anche che l’azienda sia obbligata ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare l’integrità fisica dei suoi dipendenti.

La stessa Sterilgarda prima di inviare la lettera ha aperto un tavolo con il sindacato per cercare una soluzione che tenesse insieme tutte le esigenze. Nella comunicazione l’azienda ha avvertito dipendenti e fornitori che saranno possibili cambi di mansioni per «escludere rischi di contagio per contatti con altri dipendenti». Qualora una nuova destinazione non fosse possibile, invece, il lavoratore non potrà accedere in azienda «con sospensione della retribuzione sino alla ripresa dell’attività lavorativa». L’azienda ha quindi chiarito che sono in atto valutazioni su come «salvaguardare il diritto al lavoro e il diritto alla salute, che sono diritti di tutti». «Non è detto che si debba effettivamente arrivare alla sospensione dal lavoro, ma è una delle opzioni sul tavolo e che verranno prese in considerazione prima di settembre, alla ripresa del lavoro dopo le ferie», sono state le parole di un legale dell’azienda, riportate dal Corriere della Sera.

Anche il turismo nelle case vacanza religiose stava riprendendo ossigeno, ed ecco la “battuta d’arresto causata dall’obbligo del Green Pass.  L’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana che raggruppa case vacanza di matrice religiosa e no profit che ospitano turisti da ogni parte d’Italia e del mondo, come anticipa  il presidente Fabio Rocchi, ha scritto al governo per chiedere chiarezza e una interpretazione che consenta a queste realtà, già fortemente colpite in piena pandemia, di potere riprendere a lavorare. “Da un paio di giorni – spiega Rocchi – le case vacanza sono letteralmente tempestate di telefonate perché in una famiglia magari non tutti i componenti sono vaccinati o non tutti sono riusciti ad avere in tempo il Green Pass mentre il decreto, se non ci sarà un passo indietro, obbliga chi accede alle sale colazioni e al ristorante ad esibirlo”.

L’Associazione dunque è pronta a ribellarsi a questo stato di cose perché, per dirla con il presidente Rocchi, “questa ripresa serviva a riannodare la catena della solidarietà perché quel che incassano queste strutture viene messo a disposizione delle Caritas, delle mense per i poveri , degli ostelli per i senza tetto. Ora ci si ritrova di nuovo bloccati e con disdette. Per noi ogni disdetta è un piatto caldo in meno per chi non ha nulla, un giaciglio in meno per un senzatetto”.

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