Stasera a Napoli, al cineteatro La Perla, l’anteprima di ’A Muzzarell’, scritto e filmato da Diego Santangelo

Diego Santangelo è un valentissimo fotografo che passa con il film ‘A Muzzarell dietro la macchina da presa e, come annotava Jean Luc Godard,  se ‘la fotografia è la verità, il cinema è verità ventiquattro volte al secondo’. Verità assoluta, che balza agli occhi, vedendo il film di Diego Santangelo, dove la realtà appare amplificata, ed  ispessita all’ennesima potenza. Le riprese sono girate in tempi altrarapidi, leggi otto giorni, in Campania, da Castel Volturno ai Campi Flegrei,  e mostrano la storia di due dodicenni, Martina e Daniele. Le riprese di Diego sono a dir poco perfette, visto che coglie e utilizza la macchina da presa come strumento da utilizzare per trovare l’esatta esposizione, unita alla regolazione dell’immagine e del contrasto. La chiarezza, prodotta come risultato è ciò che mostra la sua innata capacità fotografica. Basta guardare il primo minuto di ripresa, dove vediamo i ragazzini, o la ragazzina che viene ripresa, in modo nitido, perfetto,  ed  impeccabile. Da sottolineare poi  la ricerca attenta delle location, come il Tempio di Diana e quello di Apollo, le Terre Romane di Baia e l’antro della Sibilla,  che offrono  soggetti da fotografare e  da filmare. ‘A Muzzarell è per metà fiction,  e per metà documentario,  che mostra anche le bellezze del territorio. Parlando  di film e parlando  di fotografia,  e parlando  di due dodicenni che incontrano lungo il cammino spacciatori, prostitute e figure altamente insolite,  non possiamo evitare di ricordare il celebre fotografo e regista Larry Clark, narratore del disagio adolescenziale e della giovinezza più sbandata, proveniente dai sobborghi,  e bruciati dal sesso e dalla droga. Daniele, il protagonista del film, con un suo compagno di ‘giochi proibiti’, usa crack all’inizio delle riprese e, a quanto dice nelle scene, vive il suo autentico battesimo nell’uso del crack. Si scopre quindi, che Daniele è un autentico muschillo, dato generazionale dei nuovi protagonisti nelle attività di camorra e di spaccio della droga, vera ed autentica barriera che blocca il futuro dei giovani e, purtroppo,  dei giovanissimi, che vengono utilizzati dalla camorra, che  trovano poi naturale ripiegare sulla stessa formazione malavitosa.   I muschilli  sono bambini allo sbaraglio, sottomessi all’instabilità del periodo della pubertà. Castel Volturno poi, se ricordiamo, anni fa  diventò teatro di una delle pagine più violente della storia criminale italiana: sei giovani africani vennero barbaramente uccisi dall’ala stragista del Clan dei Casalesi facente capo al boss Giuseppe Setola, detto ‘O Cecato’. Parliamo dell’assalto armato all’Associazione Nigeriana Campana. Il movente viene individuato dagli investigatori nella volontà di mandare un messaggio forte e chiaro alla mafia nigeriana che, oltre a non corrispondere più la percentuale concordata sulla vendita degli stupefacenti nel territorio di Castel Volturno, mise in discussione l’autorità del clan dei Casalesi. Diego Santangelo mostra nel film che il problema è reale ancora oggi, visto che uno dei trafficanti parla, prima al telefono, poi con Daniele,  di spacciatori negri e di nigeriani. Gli spacciatori nel film hanno movenze da incubo, assolutamente ricalcate e  poco reali. Parliamo di mitra in casa, tirate di cocaina, ragazzine che fumano hashish, donne che battono in casa e per strada, consegna di crack a Daniele da consegnare ai venditori, caterva di botte mollate dal padre al suo amico con il braccio ingessato, per le sue scelte di vita delinquenziali.  Divertente che durante il viaggio a Napoli Daniele e Cristina incontrano una coppia di giovani che si baciano con forte passione. Daniele li guarda, Cristina prova ad eseguire movimenti di danza. Strano è che quando porta la mozzarella a casa della nonna morente trova sulla parete la foto dei due, mentre un passaggio successivo mostra una sconosciuta morta a letto e stranamente decorata nei contorni. Una strana anomalia. ‘Ma qualcuno scrive nelle note di chiusura: ‘Come resuscitiamo i morti? E con quale corpo ritornano?’ Prima lettera ai Corinzi. 15.35 e poi ‘…i risorti sono come angeli nei cieli’, Vangelo secondo Matteo 22.30, citazioni che ben legano con il testo di ‘La Cura’, testo di Manlio Sgalambro, cantata da Franco Battiato. La chiusura del film è straordinaria e pregevole, visto che tutto quello che vediamo sullo schermo è niente altro che un incubo, un sogno, un trip,  per usare un termine abituale,  un tempo,  a chi usava lsd, o micropunti, e viveva un trip, un viaggio angosciante. Diego Santangelo ci dice attraverso una comparsa,  che urla a Daniele che la vita è ‘una schifezza’, che è ‘brutta’,  e chiudendo il film con il Maestro Franco Battiato vuole dirci che l’autentica resurrezione avviene in vita, cambiando scelte sbagliate in scelte accettabili. Giuste e condivisibili, vero ed autentico traguardo di un vero e autentico iniziato. Il film, scritto da Naomi Sally e Diego Santangelo, prodotto da Naomi Sally Santangelo e Beniamino Manferlotti di Santangelo Media Studios, executive producer Marica Di Matteo, con il supporto del Ministero della cultura e del Festival Corto Flegreo e con il patrocinio del Parco Archeologico dei Campi Flegrei e del comune di Pozzuoli, ha coinvolto più di 60 figurazioni ed è stato realizzato in soli otto giorni di riprese percorrendo più di 400 km. Aiuto Regia Desirée Caputi, fotografia di Gerardo Mastrogiovanni, costumi di Valeria Mauriello, location manager Mariagrazia Siciliano e Giuseppe Servillo – Liberass Corto Flegreo, montaggio Diego Santangelo, casting di Casting Kids e Casting Napoli. Da segnalare, e con attenzione, il supporto operativo nelle riprese e nelle fotografie di Gerardo Mastrogiovanni, assistente storico di Diego Santangelo, che ha assimilato la tecnica che fa coincidere alla perfezione la  posizione degli occhi di Diego e del pensiero correlato,  da trasferire all’osservatore con foto e riprese.

Roberto Cristiano

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