Sordo come una campana

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da James Hansen il seguente articolo:

 

Il busto raffigura il grande compositore tedesco Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827), annoverato tra i massimi geni della storia della musica. Come per altri “geni massimi” – Shakespeare, nel suo campo, è un altro – nonostante la genialità gli sia ancora universalmente riconosciuta, con il declino dell’ascolto della musica sinfonica le sue opere sono oggi meno familiari di una volta.

Quello che tutti sanno di lui invece è che era “sordo come una campana”. L’espressione, tra i modi di dire più opachi della lingua italiana, dovrebbe fare riferimento al concetto delle campane “assordate” dal loro stesso suono…

Ad ogni modo, la presunta incapacità di Beethoven di sentire la propria musica ha affascinato intere generazioni, contribuendo non poco alla sua gigantesca reputazione. Ora però, mentre non c’è alcun dubbio che il compositore fosse afflitto da un forte deterioramento dell’udito, emergono prove – molto solide – sul fatto che dall’orecchio sinistro continuò invece a sentire fino alla fine dei suoi giorni.

Il musicista, colpito dall’indebolimento dell’apparato uditivo prima ancora dei trent’anni, era convinto che ogni sforzo fatto per ascoltare avrebbe peggiorato la sua situazione e, volendo conservare ciò che poteva della capacità di sentire, evitava perfino le conversazioni a voce, preferendo condurle per iscritto su dei taccuini che si portava appresso. Sono proprio questi documenti – i suoi “libri di conversazione”, poco studiati perché estremamente voluminosi – a dimostrare che ci sentiva, seppure malamente, ancora in tarda età.

In una nota datata 1823 il compositore dà questa risposta su come mantenere l’udito a un conoscente casuale che gli aveva chiesto un consiglio: “I bagni e l’aria di campagna migliorano molte cose. Non usare troppo presto invece gli apparecchi (i “cornetti acustici”): facendone a meno il più a lungo possibile, sono riuscito a conservare il mio orecchio sinistro”.

La scoperta di questo e di molti altri riferimenti al suo handicap uditivo è del musicologo americano Theodore Albrecht, della Kent State University, impegnato nell’improbo compito di tradurre l’enorme raccolta di libri di conversazione del compositore. L’opera completa comprenderà 12 volumi.

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