Solitudine, l’incomunicabilità, precarietà dell’esistenza umana: ‘Uscita d’emergenza’ è al Teatro San Ferdinando di Napoli

La solitudine, l’incomunicabilità tra gli individui, la precarietà dell’esistenza umana: ‘Uscita di Emergenza’ racchiude in sé tutti i temi cari al suo autore, il napoletano Manlio Santanelli del quale rappresenta il primo testo, del 1978,  e la più celebre delle commedie.

Lo spettacolo, che vede l’interpretazione di Mariano Rigillo nel ruolo di ‘Cirillo’ e Claudio Di Palma in quello di ‘Pacebbene’ su regia dello stesso Di Palma, è in scena fino al 5 novembre al Teatro San Ferdinando di Napoli, del quale ha appena inaugurato la Stagione.

Il Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale ne hanno infatti affidato l’apertura, proprio al nuovo allestimento di questo testo.

Le scene sono curate da Luigi Ferrigno, i costumi da Marta Crisolini Malatesta, le luci da Gigi Saccomandi e le musiche da Paolo Coletta.

Cirillo, ex suggeritore e Pacebbene, ex sacrestano sono i protagonisti: due persone instabili, malate interiormente di bradisismo e provenienti da differenti situazioni ma accomunate dalla dura realtà dell’essersi ritrovate oltre che soli, senza casa. Spinti dalla esigenza, hanno quindi deciso di andare a vivere in un quartiere di Napoli colpito dal terremoto ed ormai completamente disabitato  Sempre nella loro vita, hanno usato le parole come riflessi delle parole altrui. E continuano a farlo, schiacciati dal crollo della città che è intorno a loro. Pronunciano parole senza misura o metodo, forse sperando che quelle stesse parole possano essere l’uscita dall’emergenza.

Ma queste, pur apparendo ancora apparentemente vitalissime, sembrano soltanto riverbero inerziale di parole passate e già finite,   osserva il regista.

Logorati da un’esistenza amara fatta di ricordi, entrambi non riescono ad esprimere altra volontà se non quella ripetitiva, fino a diventare ossessiva, di spostarsi su e giù per l’unica stanza, il loro rifugio, afflitti da una smania di emigrare che è logorante differenza giacché non evolve mai verso una decisione concreta. Così i due, sempre più frustrati, restano confinati oltre la soglia di casa, tra provocazioni reciproche e scatti di ira, come animali in gabbia, resi aggressivi da una condizione di segregazione Non esiste un carceriere in ‘Uscita di emergenza’, gli stessi protagonisti sono segregatori di se stessi in quanto malati di impotenza e vittime al contempo degli effetti nocivi del ‘bradisismo interiore’ che ha irrimediabilmente minato la loro stessa volontà.

Sopravvivono in un morboso gioco al massacro che allo spettatore – stimolato nel cercare, ipotizzare e sentire, in maniera personalizzata, le sensazioni e gli umori maggiormente congeniali al suo status, anche oltre ciò che ha voluto comunicare l’autore – appare tragico quanto clownesco: Cirillo e Pacebbene si provocano l’un l’altro, si punzecchiano, si spiano, trascinano la propria esistenza nel ‘bunker’ tra minacce, sospetti reciproci, equivoci e travestimenti, indispensabili per sopravvivere in una situazione fortemente frustrante, fondamenti di un sistema di affrontare il vuoto quotidiano fortemente deviato.

In un folle ménage animato da rievocazioni di amori mai vissuti se non nella loro delirante fantasia, da impegni di lavori lasciati a metà che non saranno portati a termine, la paura incombente del terremoto, solo apparentemente sopita.
Il dialogo, pieno di menzogne e offese, si realizza in un’alternanza di inevitabile sopportazione ed esasperazione, laddove domina l’impossibilità di agire, l’assenza del coraggio di vivere e, quindi, di uscire fuori dalla tana.

Nel lavoro sono presenti delle notevoli influenze autobiografiche di Mauro Santanelli.

L’autore ha infatti trascorso parte della sua esistenza, dalla nascita ai vent’anni – periodo che egli stesso definisce ‘infanzia’ in una angusta magione di un ancor più angusto edificio del centro storico di Napoli.

Ma il destino, come nei migliori romanzi popolari, era in agguato. E, infatti, un brutto giorno due ingegneri del genio civile bussarono alla porta, entrarono, osservarono alcune lesioni alle pareti (che noi francamente avevamo considerato più che altro decorative), e dichiararono inabitabili tre quarti della nostra abitazione.

‘Confinati nell’unica ala dell’edificio ancora immune dai tardivi ma inesorabili effetti della guerra, desolati assistemmo alla progressiva muratura di balconi e finestre da parte di maestranze che lavoravano cantando O sole mio. Fino a ritrovarci rinchiusi in una sorta di bunker, con l’incubo che anche quello un giorno o l’altro potesse crollarci sul capo’, ricorda Santanelli che conclude: ‘Ma eravamo giovani e intraprendenti, e dopo un’iniziale titubanza durata non più di due anni trovammo il coraggio di trasferirci in una dimora meno angusta, ma un tantino più abitabile. Ciò purtroppo non riesce ai due personaggi di Uscita di emergenza’.

Il lavoro racconta, senza consolazioni di comodo, del sopraggiungere di un abbandono inesorabile, dell’avvio di un fatale smembramento delle identità,  evidenzia il regista Claudio Di Palma. Ecco Squisitamente simbolica la messa in scena immaginata, dove un grande lastrone marmoreo, forse staccatosi dalla parete di un’antica chiesa, o teatro, ha schiacciato la statua del Corpo di Napoli.

‘Non c’è più religione, non c’è più teatro, non c’è più città. Tutto è collassato nel vuoto del sottosuolo. L’abbandono si è ultimato, le identità già perdute ed il monolite, segno e simbolo di un devastante sommovimento tellurico, è diventato adesso l’altare dei giochi perversi, ironici e drammatici di due disperati sopravvissuti’, aggiunge Di Palma.

Opera prima di Santanelli – con Enzo Moscato ed Annibale Ruccello protagonisti della stagione della nuova drammaturgia partenopea degli anni ’80 post-Eduardo –  fu per la prima volta rappresentato nel 1980 proprio al San Ferdinando, interpreti Bruno Cirino e Nello Mascia.

È tra i lavori più apprezzati dello scrittore: all’attivo decine di allestimenti in Italia e all’Estero, vincitore del Premio Idi 1981 e del Premio della Critica Teatrale 1982.

USCITA DI EMERGENZA, di Manlio Santanelli
regia Claudio Di Palma
con Mariano Rigillo, Claudio Di Palma
scene Luigi Ferrigno
costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Paolo Coletta
assistente alla regia Lucia Rocco
assistente alle scene Fabio Marroncelli
direttore di scena Alessandro Amatucci
datore luci Fulvio Mascolo
elettricista Pasquale Piccolo
macchinisti Alessio Cusitore, Gigi Sabatino
fonico Paolo Vitale
sarta Roberta Mattera
foto di scena Marco Ghidelli
Produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
Inizio rappresentazioni: 18, 20, 24, 27, 31 ott. e 3 nov. ore 21.00;  19, 25, 26 ott. e 1, 2 nov. ore 17
21, 28 ott. e 4 nov. ore 19.00;  22, 29 ott. e 5 nov. ore 18
Info www. teatrostabilenapoli.it  tel. 081 5524214

Teresa Lucianelli

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