Silvio Berlusconi e la federazione del centrodestra

“Sono di nuovo con voi, mi sento in famiglia”. Silvio Berlusconi apre così il video-collegamento con i vertici del suo partito che durerà due ore e promette interviste, colloqui su Zoom a tu per tu: “Valutiamo l’idea di federazione del centrodestra” lanciata da Salvini in un’intervista al “Giornale” di casa.

La prospettiva per Forza Italia cambia: il progetto a cui il Cavaliere si era sempre fieramente opposto adesso è “preso in considerazione”. Nessuna annessione – rassicura l’ala moderata – Nessun appiattimento sulla linea leghista: “Saremo sempre la guida culturale del centrodestra con i nostri valori europeisti, garantisti, liberali, riformisti”. E in Europa, la strada resta quella del Ppe, perché – è il succo – Washington e Bruxelles non lasceranno mai governare i sovranisti.

La suggestione però è in campo, ed è potente. Berlusconi è tentato di  ritagliarsi il ruolo del padre nobile – presidente onorario, sussurra più d’uno – di un grande rassemblement dei moderati, anche  consegnando le chiavi di casa al “Matteo redento”, con cui i rapporti sono “ottimi” e la telefonata “amichevole”: il leader che regala rosari, dispensa rose, e soprattutto blinda Draghi fino al 2023. Un po’ come nelle aziende: il presidente mediatore e “garante” con i mondi di riferimento; il Ceo frontman, cui toccano beghe e grane.

”Ora valutiamo la federazione del centrodestra di governo, poi mi piacerebbe pensare in futuro a un partito unico del centrodestra: speriamo di convincere Fratelli d’Italia». Così, a quanto si apprende da fonti azzurre, il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi durante uno zoom da Arcore con con i vertici di Forza Italia, i membri del governo, i capigruppo e i governatori azzurri. Quindi il Cavaliere ha riferito che un suo sondaggio dà Forza Italia attualmente al 9,5 % ma, ha aggiunto, «è possibile tornare a due cifre».

In particolare, il Cav avrebbe citato gli ultimi sondaggi in suo possesso che danno Fi al 9,5%. Dopo vari ricoveri e dimissioni a causa degli effetti del cosiddetto long Covid, l’ex premier avrebbe spiegato che poco alla volta si sta riprendendo, tant’è che ha cominciato a fare riunioni di partito, anche se da remoto: oggi via Zoom ha parlato con i vertici di Fi, la delegazione governativa, i presidenti di regione azzurri, e lunedì si collegherà, avrebbe raccontato, con l’assemblea dei deputati e con una riunione dei coordinatori regionali.

L’ex ministro dell’Interno chiama a sé Toti e i centristi, disegna le stanze della “casa comune”, studia iniziative condivise. Certo, il partito unico resta tabù: evocato e poi smentito.  FdI si chiama fuori: “Operazione giusta ma non riguarda chi sta all’opposizione”.

Lo stato maggiore azzurro si divide plasticamente: Bernini, Cattaneo, Mulé sono pronti a discuterne. Le ministre Gelmini e Carfagna restano fredde, fiutano il pericolo di finire inglobati. Vogliono difendere “valori, identità e storia” di Fi, ora che a insidiarli dal versante centrista è arrivato Brugnaro con le sue disponibilità economiche. La titolare del Sud si spinge a chiedere il congresso. I parlamentari si dividono tra scetticismo sulla fattibilità dell’operazione e speranza di un futuro: se la legge elettorale non cambia, le liste comuni sarebbero la manna ma già l’alleanza con la Lega salverebbe i collegi del Nord.  Giacomoni sta organizzando i gazebo per la raccolta firme sulla riforma fiscale. Si tratta di tornare alle origini: il partito delle imprese, meno tasse per tutti. Vincerà l’originale che col piccolo schermo sedusse i moderati e oggi è precipitato sotto le due cifre, o l’emulatore che flirta con Orban e fa le capriole sui licenziamenti ma guida il primo partito italiano?  “Questo è il nuovo predellino di Salvini – ragiona l’ex forzista Napoli, che ha già fatto le valige in direzione Toti – per evitare il sorpasso della Meloni. Se riesce, FdI resterà seconda forza della coalizione”.

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