In realtà  la gente chiede di fare alla svelta, devono tirare giù quel che resta del ponte e ricostruirlo, invece la stanno tirando per le lunghe.  Bisogna arrivare in fondo per accorgersi della devastazione, per ricordarsi che niente può essere più come prima. Lì, davanti al moncone est, accanto alle case dei ferrovieri oggi vuote, ci sono le tende della Croce Rossa e dei comitati, un presidio fisso per non mollare.

Enrico D’Agostini, presidente di ‘Liberi cittadini di Certosa’, ammette che sì, la zona è sempre stata trascurata ma c’è tanta attività sociale. Certo che la gente si faceva sentire per il viadotto. Che, ricordiamocelo, è arrivato dopo le case. C’è il cuore di Genova che si legge allo specchio, nelle bacheche di annunci che raccontano la vita quotidiana, pare di stare in guerra. La Cisl mette a disposizione una sorta di taxi gratuito, perché anche spostarsi è diventato un vero problema. Ecco le istruzioni per il buono scuola da 500 euro o per avere l’aiuto di uno psicologo. Solidarietà e battaglia. Generosità e proteste. Tutto insieme. Dal moncone del ponte Morandi sventola qualcosa, l’immagine è da brividi.

Oltre la ferrovia il rumore delle ruspe al lavoro. Alzi gli occhi e pensi ai soccorritori che nelle ore della tragedia lavoravano senza sosta e non potevano non commuoversi. Perché gli ultimi istanti di vita delle 43 vittime sono stati momenti di terrore. Hanno avuto il tempo di capire. All’estremo opposto, in zona ponente, ci sono le fabbriche. Ansaldo Energia sfiorata dal crollo del ponte Morandi, un pezzo di stabilimento è in zona rossa. La linea tra possibile e vietato divide in due una palazzina, la parte off limits è stata rinforzata da un’impalcatura. Questa a fianco del ponte è la sede principale del colosso: i dipendenti sono 2.600, ma con l’indotto gravitano in fabbrica almeno 4mila persone. Arrivare al lavoro è sempre un’impresa, con  una rete da cantiere taglia gli spazi.