Sequestro antimafia da 17 milioni di euro a Mario Ciancio Sanfilippo

Con una richiesta urgente, sono scattati i sigilli per un conto bancario riconducibile all’imprenditore etneo, editore e direttore del quotidiano La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo, attraverso una società fiduciaria in Liechtenstein. Un sequestro antimafia da 17 milioni di euro che è solo una parte del tesoretto di 52 milioni di euro scoperto in Svizzera. I magistrati hanno scoperto che il valore dei titoli stava per essere convertito in denaro da trasferire in Italia. Scavando tra i rapporti bancari e il patrimonio dell’imprenditore, i magistrati hanno trovato diversi depositi in Svizzera, alcuni a lui riconducibili attraverso società registrate nei paradisi fiscali, e movimenti adesso al vaglio dei consulenti della procura, come, ad esempio, la multinazionale Price Waterhouse Coopers spa. Al centro dell’indagine nei confronti di Ciancio la sua presunta vicinanza a Cosa nostra. Sullo sfondo, il business dell’imprenditore. Che ha molto a che vedere con diversi centri commerciali etnei. A parlarne per primo è il collaboratore di giustizia Antonino Giuliano che racconta di un affare in corso nel 2005 tra alcuni imprenditori messinesi e Ciancio per la costruzione di un centro commerciale «nei territori limitrofi la tangenziale di Catania, direzione Siracusa, nei pressi del distributore Ip». Da realizzarsi anche con somme di denaro provenienti da Cosa nostra. La maggior parte dei contatti di Ciancio si svolgono con Antonello Giostra, di Scaletta Zanclea, nel Messinese, un personaggio già noto alle forze dell’ordine. Insieme i due parlano di centri commerciali e del progetto Pua alla Playa di Catania. Intercettato nel 2002, Giostra racconta di avere a Catania progetti per oltre mille miliardi di lire, che Ciancio stava scommettendo su di lui e che gli ha reso il patrimonio legale. Sul 17 milioni di euro sequestrati dalla Procura della Repubblica di Catania all’editore Mario Ciancio, interviene il giornalista on. Caudio Fava, vicepresidente della Commissione parlamentare nazionale antimafia: “Il sequestro antimafia di 17 milioni di euro ai danni dell’editore Mario Ciancio e la supposta provenienza illecita di quei fondi, in parte detenuti all’estero attraverso fiduciarie di copertura, sono notizie gravi perché riguardano il più potente editore del sud Italia. E la concreta eventualità di una sua compromissione mafiosa getta un’ombra sull’uso che negli anni Ciancio può aver fatto dei giornali e delle emittenti di cui, in tutto o in parte, è l’editore. La Procura distrettuale di Catania a cui va il nostro riconoscimento per il lavoro paziente e rigoroso che ha fatto, dopo molti anni di colpevole inerzia di quell’ufficio, ha deciso di esercitare l’azione penale nei confronti dell’editore Ciancio per avere lo stesso, da numerosi anni, apportato un contributo causale a cosa nostra catanese. Se quest’accusa gravissima dovesse reggere, il vaglio degli altri passaggi giudiziari, dovremmo riscrivere la storia di Catania e probabilmente dell’intera Sicilia: i silenzi di certa stampa, le carriere, le speculazioni urbanistiche, le responsabilità politiche e le impunità criminali. La storia dei silenzi di certa stampa e delle fulgide carriere politiche accompagnate da quella stampa, delle speculazioni edilizie che hanno saccheggiato il territorio. La storia dei troppi Consigli comunali compiacenti, dei sindaci corrotti o reticenti, di due generazioni di parlamentari della Repubblica, di maggioranza e d’opposizione, muti, sempre solidamente, ostinatamente muti. La storia delle impunità criminali e dei poteri paralleli che laggiù hanno governato i destini di uomini e cose, denari e miserie. Per vent’anni il racconto onesto, sereno, mai reticente di tutto ciò è stata virtù di pochi, pochissimi. Adesso, con le carte giudiziarie in mano, forse taluni ritroveranno il coraggio di dire e di chiedere. Troppo comodo, verrebbe da scrivere”.

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