Scontro 5S-Lega su prescrizione

Si riaccende lo scontro sulla prescrizione. La relatrice M5s alla Camera ritira l’emendamento sulla sospensione dopo il primo grado, poi lo ripresenta identico salvo il titolo. Resta il dissenso con la Lega. Non basta la mediazione del ministro Bonafede, servirà un vertice con Salvini e Di Maio per evitare la rottura. Deve intervenire Conte: ‘essendo nel contratto di governo, manterremo il punto’, dice da Algeri.

C’è stata una riunione al ministero sul ddl anticorruzione, prima dell’inizio dei lavori della commissione, tra Bonafede e i parlamentari dei 5 stelle e della Lega. È quanto si apprende da fonti di governo M5S che spiegano come si sia trattato di una prima riunione interlocutoria. Le posizioni restano distanti e quindi è necessaria un’interlocuzione a livello politico superiore, spiegano le stesse fonti che, sulla prescrizione, sottolineano come il M5S tiene il punto e non intende rinviarlo ad altri provvedimenti.

La relatrice al ddl Francesca Businarolo del M5s ha intanto ritirato l’emendamento sulla sospensione della prescrizione. Lo ha annunciato nella seduta delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera preannunciando un nuovo testo riformulato. Il nuovo testo dei relatori sulla prescrizione è comunque identico a quello ritirato e cambia solo il titolo. Per superare l’ostacolo dell’inammissibilità per estraneità di materia, si modifica il titolo del ddl aggiungendo ‘nonché in materia di prescrizione del reato’.

La riforma della prescrizione per noi rappresenta un punto fondamentale e sono fiducioso che troveremo un accordo con la Lega. Ma deve essere approvata nel ddl anticorruzione, chi parla di stralcio in queste ore non sta dicendo la verità, ha detto ieri il vicepremier M5S Luigi Di Maio in una intervista a Radio Radicale.

È un tema sacrosanto, il nostro processo penale attraverso la prescrizione ha conosciuto la denegata giustizia, perché la fisiologia del corretto accertamento dei fatti da parte dello Stato contempla la decisione di merito e di questo istituto si è fatto un grande abuso, ha affermato il premier Giuseppe Conte, in conferenza stampa con il primo ministro algerino Ahmed Ouyahia, rispondendo a una domanda sulla prescrizione.

Essendo nel contratto di governo, manterremo il punto. Lasciatemi chiamare a raccolta Bonafede e gli altri partner per un ultimo vertice per portare a casa un punto di incontro che tutti si sono dichiarati disponibili a raggiungere, ha  aggiunto il premier.

Intanto il governo pone la fiducia sul decreto sicurezza al Senato per evitare sorprese nel voto dopo la spaccatura nella maggioranza sulla prescrizione. In giornata, riunione dei gruppi di Lega e M5s. Tra i 5Stelle ancora distinguo e dissensi rispetto al testo. Per Di Maio, tuttavia, ‘la riforma va approvata nel ddl anticorruzione, nessuno stralcio. Troveremo un accordo con la Lega’, dice.

Salvini avverte: ‘questione delicata che non va affrontata a colpi di emendamenti’. La decisione definitiva sarà presa solo oggi, tuttavia le indiscrezioni circa la volontà di porre la questione di fiducia sul decreto sicurezza preparano il governo a farsi due conti sulle sue forze al Senato. La prima e unica volta che l’Aula di Palazzo Madama votò la fiducia, è stato il sei giugno scorso. Quel giorno segnò la nascita del governo gialloverde: la maggioranza poté avvalersi di 171 voti, 10 oltre la soglia necessaria: 58 leghisti, 109 i senatori pentastellati, per un totale di 167 voti, a cui si aggiunsero due ex M5S Buccarella e Martelli, espulsi dal Movimento, e due eletti all’estero del Maie. Sempre che il governo mantenga la volontà di porre la questione di fiducia, la maggioranza con ogni probabilità passerà l’ostacolo con facilità: la pattuglia dei 4 senatori ‘ortodossi’, che in questo caso coincidono con i contrari al decreto, infatti, non dovrebbero partecipare al voto. Con questa decisione di restare fuori dall’emiciclo, Matteo Mantero, Elena Fattori, Gregorio De Falco e Paola Nugnes, di fatto porranno l’accento sul loro dissenso al provvedimento, contro cui si sono battuti sino alla fine a colpi di emendamenti. Tuttavia eviteranno sanzioni, non rompendo con il governo. I numeri scenderanno quindi a 167, comunque sei senatori sopra la soglia minima della maggioranza d’Aula.

 

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