Sarkozy- Cameron: missione economia in Libia

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, il primo ministro britannico, David Cameron, e il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan saranno oggi in Libia per incontrare i dirigenti del Consiglio nazionale transitorio. La loro visita inizierà nella capitale Tripoli e poi si recheranno a Bengasi, cuore della rivolta contro il Colonnello Muammar Gheddafi, dove terranno un discorso in Piazza della Libertà. Il capo dell’Eliseo dovrebbe essere accompagnato dal filosofo Bernard-Henri Levy, che secondo molti osservatori ha consigliato a Sarkozy di intraprendere l’azione militare nel paese. Nel frattempo, il Regno Unito ha fatto circolare una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che alleggerisce le sanzioni dell’Onu contro la Libia. Jalil chiederà ai capi di governo armi per riprendere le aree controllate dalle milizie fedeli a Gheddafi che, a suo dire, starebbe preparando una rappresaglia. “Ci saranno violenti sconti a Sabha, chiediamo altro equipaggiamento per riprendere questi posti”, ha detto. Il leader del Cnt ha aggiunto di ritenere che Gheddafi si nasconda nel sud del paese dove starebbe preparando attacchi contro città, pozzi petroliferi e centrali elettriche. Oltre a Sabha i lealisti hanno ancora il controllo di parti di Bani Walid, a sud-est della capitale, di Jufra e di Sirte, città natale dell’ex rais. La missione di Francia e Gran Bretagna in Libia più che “diplomatica” è soprattutto economica. Petrolio e appalti sono ai primi posti nell’agenda di Nicolas Sarkozy e David Cameron. I due leader europei vanno ad incassare dividendi economico-petroliferi di un impegno politico-militare che ha trascinato la Nato ad appoggiare in maniera decisiva i ribelli anti-Gheddafi. Anche Erdogan unisce gli affari alla diplomazia. Nonostante Ankara abbia riconosciuto il Cnt “legittimo rappresentante del popolo libico” solo a inizio luglio si è molto prodigata in Libia. La Turchia, erede storico dell’impero ottomano, ha forti interessi economici nel suo antico dominio libico, come testimoniano i 20-25 mila turchi che ha rimpatriato dalla Libia abbandonando – per ora – circa 30 miliardi di dollari di investimenti ed interessi vari legati soprattutto all’immobiliare. L’Italia, presa dai suoi soliti problemi interni, per ora è costretta a restare in vetrina e nonostante il suo massiccio impegno a sostegno degli insorti libici rischia di prendere le briciole nella ricostruzione della nuova Libia.

 

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