Si è conclusa nell’Aula della Camera la discussione generale sulla mozione di sfiducia contro la ministra del Turismo, Daniela Santanché. Lei, appena si è concluso l’ultimo intervento, si è alzata dai banchi del governo e ha lasciato l’emiciclo. Dagli scranni del M5s, si sono udite le voci di deputate e deputati che hanno gridato ripetutamente “Vergogna!”, dato che la ministra non ha replicato, come prevede invece il Regolamento. Il vicepresidente di turno, Fabio Rampelli è allora intervenuto: “Colleghi, per favore, scoprite forse oggi che ci si può prenotare per la replica anche nella seduta successiva?”.
Quella di oggi è solo la discussione generale della mozione di sfiducia. Ma sui tempi dell’esame e del voto ci sono poche certezze. La mozione è inserita nel calendario della Camera della settimana (da martedì a venerdì), ma giovedì è prevista la convocazione del Parlamento in seduta comune e l’aula, tra i vari punti, deve licenziare il decreto Pnnr in scadenza.
Il voto ci sarà in altra seduta.
Gli scranni di Montecitorio sono apparsi vistosamente deserti. Accanto a Santanché erano seduti i ministri Nello Musumeci e Luca Ciriani e la sottosegretaria Vannia Gava. In Aula anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, e il leader M5s Giuseppe Conte. Una decina i deputati di FdI presenti in Aula, tra cui il vicecapogruppo Alfredo Antoniozzi e il questore della Camera, Paolo Trancassini, i primi ad entrare in Aula.
Degli altri gruppi di maggioranza non è presente invece alcun deputato, circostanza questa sottolineata dagli interventi dei parlamentari delle opposizioni che sostengono la mozione di sfiducia. Loro infatti sostengono che queste assenze dimostrano la divisione che c’è nella maggioranza. “Qui a sostenerla in Aula, signora ministra, sono presenti solo pochi martiri di Fdi” ha ironizzato Federico Gianassi del Pd. “La comunicazione non verbale è spesso eloquente e i banchi vuoti” della maggioranza dicono che “è stata abbandonata da Forza Italia, dalla Lega e da Noi Moderati” e c’è solo una “difesa d’ufficio del suo partito” con poche presenze. Lo ha detto il deputato Dem Toni Ricciardi. “Che differenza c’è – è andato all’attacco in un altro passaggio – tra il ministro Sangiuliano e la ministra Santanché? Forse la ministra è in grado di elevare leve di ricattabilità che Sangiuliano non aveva?”. “Presidente del Consiglio – ha concluso – ci levi dall’imbarazzo e chieda un passo indietro”.
Sette gli iscritti a parlare, tutti di M5s, Pd e Avs. Nessuno della maggioranza, come previsto. Ad illustrare il testo la pentastellata Vittoria Baldino e poi a seguire Federico Gianassi del Pd, Filiberto Zaratti di Avs e poi Andrea Quartini (M5s), Toni Ricciardi (Pd), Enrico Cappelletti (M5s) e Francesco Silvestri (M5s).
“Uno è innocente fino a quando non è condannato in tre gradi di giudizio. Non vedo perché uno si debba dimettere per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio” ha dichiarato Matteo Salvini, a margine del sopralluogo presso le aree dell’ex Scalo di Porta Romana a Milano, rispondendo a una domanda sulla mozione di sfiducia.
“Voteremo la sfiducia, perché crediamo che non possa essere ministra e che non sarebbe mai dovuto diventarla. Eppure la sfiducia verrà respinta e il governo uscirà rafforzato dal voto del Parlamento, potendo respingere ogni richiesta di dimissione presente e futura. Non è questo il modo di fare opposizione”, aveva scritto in mattinata sui social il leader di Azione, Carlo Calenda.
La mozione di sfiducia alla ministra, presentata dai 5 Stelle, è stata sottoscritta anche dalla capogruppo Pd, Chiara Braga, e da quella di Alleanza Verdi e Sinistra, Luana Zanella.
A Montecitorio non è stato un giorno di ‘pienone’ ma i banchi dell’opposizione contano presenze più marcate degli altri. “Costretti a partecipare”, come ha osservato il deputato del Pd Federico Gianassi, alcuni deputati di FdI, una decina. Infine, nessun deputato di maggioranza si è scritto a parlare in aula.
Nella lista degli interventi solo i gruppi M5s, Pd e Avs.
“Siamo garantisti con tutti, riteniamo che il principio della presunzione di non colpevolezza vada applicata a compagni di strada e avversari. Tutte le altre decisioni sono affidate alla sensibilità dei singoli, non c’è una regola giuridica che imponga le dimissioni”. Lo afferma il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto sul caso Santanchè sottolineando che “sarà Santanchè a decidere se la situazione che si è creata legittimi o meno un passo indietro”.
“Oggi arriva in Aula la sfiducia alla Santanchè. La voteremo, perché crediamo che non possa essere ministra e che non sarebbe mai dovuto diventarla. Eppure la sfiducia verrà respinta e il governo uscirà rafforzato dal voto del Parlamento, potendo respingere ogni richiesta di dimissione presente e futura. Non è questo il modo di fare opposizione”. Lo dichiara Carlo Calenda, leader di Azione.
Daniela Santanchè deve dimettersi. Gli italiani lo vogliono a larga maggioranza. E a chiederlo sono anche gli elettori di centrodestra. Lo rivela un sondaggio YouTrend per Sky Tg24 che viene diffuso nel giorno della discussione della mozione di sfiducia nei confronti della ministra del Turismo rinviata a giudizio per falso in bilancio nel processo Visibilia.
Se secondo le rilevazioni YoyTrend a chiedere un passo indietro dell’imprenditrice sono infatti soprattutto gli elettori dei partiti di opposizione, va sottolineato come la richiesta sia trasversale. Ritiene infatti opportune le dimissioni della ministra il 58% degli elettori di Fratelli d’Italia, il 64% di quelli della Lega, il 63% di quelli di Forza Italia/Noi Moderati. Le percentuali crescono nettamente nell’altro campo: è per le dimissioni l’89% di chi vota Pd, il 78% degli elettori del Movimento 5 Stelle e il 95% degli elettori di Alleanza Verdi Sinistra.