“Di certo non posso essere accusato di fare norme ad personam per Sallusti”. Così il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, in un’intervista pubblicata oggi su ‘Il Tempo’.
Onorevole Di Pietro, ma come è possibile che un giornalista possa finire in carcere per aver espresso un’opinione? Anzi, nel caso di Sallusti, per il mancato controllo su un’opinione espressa da un cronista del suo quotidiano?
“Ha fatto bene la Procura di Milano a sospendere l’esecuzione della sentenza. Anche se confermo il mio pieno rispetto per la decisione della Cassazione che poteva valutare soltanto la legittimità e non il merito della sentenza”.
Dunque il problema è precedente.
“Esatto e merita una profonda riflessione. Per i reati di opinione è ancora prevista la detenzione in carcere. Questo è il problema. Invece devono essere riaffermati sia il diritto alla libertà di stampa sia quello al rispetto e alla reputazione. Del resto è previsto che la libertà di stampa rispetti tre criteri fondamentali: la verità, la continenza e l’interesse pubblico della notizia. Ciò premesso, la violazione di questi parametri non può essere sanzionata con il penale. Si tratta di una misura sproporzionata che finisce per essere un bavaglio”.
Quindi i giudici non hanno alcuna responsabilità. I politici piuttosto…
“I giudici hanno soltanto applicato la legge. È il legislatore che deve eliminare la parte sanzionatoria che prevede anche la carcerazione. Per questo ho chiesto al Governo di intervenire”.
E il Governo?
“Ha condiviso le finalità, ovviamente, ma ha rimandato al Parlamento. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge per rimettere le cose a posto. Ora ci aspettiamo che venga calendarizzata prestissimo, anche soltanto discussa e approvata in Commissione”.
Dunque si può rimediare in pochi giorni?
“Anche in poche ore”.
Mi scusi Di Pietro ma perché i politici non hanno escluso già anni fa il carcere dalla pena prevista per la diffamazione? L’hanno fatto intenzionalmente per intimidire i giornalisti?
“No, è la solita storia. Il legislatore italiano cincischia finché non esplode il bubbone”.
Ma le sembra normale che nel nostro Paese l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Fiorito sia diventato una star televisiva mentre un direttore di giornale viene condannato a 14 mesi di carcere?
“C’è un vuoto legislativo in entrambi i casi. Da una parte un eccesso di pena che ci riporta direttamente al fascismo. Dall’altro, quello che riguarda i tanti Fiorito d’Italia, c’è la mancanza di norme che specifichino quali spese possano effettuare i gruppi politici. Sbagliata anche l’assenza di una norma che imponga un rendiconto puntuale di quelle spese. Pure in questo caso ho depositato una proposta di legge affinché sia riconosciuto un particolate tipo di peculato. Inoltre abbiamo lanciato i referendum per abolire quei fondi”.
La politica è ancora una volta in ritardo?
“Assolutamente sì. Non solo in ritardo, proprio incapace di svolgere il proprio lavoro. È una politica che tampona quando ormai la frittata è fatta”.
Le sembra strano difendere il direttore del Giornale che nei suoi confronti non è mai stato tenero?
“Ho avuto e ho tuttora decine di cause penali e civili con Sallusti, ma voglio confrontarmi con lui. A volte vincerò io, a volte lui. Ovviamente è giusto che chi sbaglia ammetta l’errore o risarcisca il danno ma in nessun caso si può finire in galera”.
Dunque oggi per l’Italia è stato un giorno nero.
“Per due eventi. Innanzitutto perché il fatto che ci sia una sanzione penale per un giornalista che sbaglia è una limitazione della democrazia. Poi, perché Parlamento e Governo non si sono costituiti parte civile nel processo Stato-mafia. E questo lede lo Stato di diritto. Ormai siamo alla vigilia delle monetine. Ma in questo momento, rispetto a Tangentopoli, c’è un’aggravante. Adesso i comportamenti che ci hanno mostrato tanti politici non sono vietati dalla legge”.