Sono ore balorde per Romano Prodi come è stato balordo e controverso il comportamento che l’ex premier ha avuto in un episodio controverso con la giornalista Lavinia Orefici che lo accusa di averle tirato i capelli dopo una domanda sul Manifesto di Ventotene. A ‘Quarta Repubblica’, trasmissione di Rete 4 con Nicola Porro, è stato analizzato il caso, con tanto di nuovo video e nuovi frame che avrebbero fatto chiarezza sui fatti.
Si parla della reazione eccessiva e poco rispettosa da parte dell’ex Presidente del Consiglio verso Lavinia Orefici che ha raccontato che, durante un incontro, alla sua domanda sul Manifesto di Ventotene, Prodi ha replicato in modo brusco, arrivando addirittura a compiere un gesto invasivo come toccarle i capelli e tirarglieli in parte. A sua difesa, va detto, Prodi aveva parlato di aver toccato la spalla della donna.
La trasmissione ‘Quarta Repubblica’ ha voluto analizzare meglio i frame del video che vede il professore e la giornalista protagonisti. Infatti, i filmati diffusi, stando al parere di chi è intervenuto in trasmissione, mostrerebbero chiaramente una realtà diversa da quella raccontata dall’ex Premier.
“Riguardiamo le immagini”, si sente dire dalla voce che ha analizzato il video durante la trasmissione. “La mano di Prodi è più in alto rispetto alla spalla ed è chiusa. L’indice e il pollice afferrano una ciocca di capelli biondi. Nel video si vede il polso fare su e giù come quando si tira qualcosa”.
Nessuno si sarebbe potuto aspettare un episodio così controverso ma, in realtà, ce ne sono altri.
A ricordarlo fu la giornalista Oriana Fallaci che una volta scrisse una lettera durissima indirizzata a Romano Prodi, nei primi anni 2000. “Signor Presidente della Commissione Europea so che in Italia la chiamano Mortadella”, esordiva la giornalista fiorentina, addolorata perché la mortadella “è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per lei che in me suscita disistima fin dal 1978”. Un attacco durissimo dovuto proprio partecipazione di Prodi alla “seduta spiritica per chiedere alle anime del Purgatorio dove i brigatisti nascondessero il rapito Aldo Moro”. Fallaci, poi, aggiunse: “Non mi parve serio, Monsieur Meglio: non mi parve rispettoso, pietoso, umano, nei riguardi di Moro che stava per essere ucciso”. E se queste parole sembrano dure, il seguito della lettera è ancora più ruvido: “E supplicai il Padreterno di tenerLa lontana dalla politica. Peccato che – scrisse la giornalista- al solito il Padreterno non m’abbia ascoltato, che in politica lei ci si sia buttato senza pudore”. Fallaci rimarca la sua disistima per l’ex premier che “s’è approfondita nonché arricchita d’una antipatia quasi epidermica”. E l’attacco si fa via via sempre più sul personale: “Il solo udire la sua voce manierosa e melliflua m’innervosisce, il solo guardare la sua facciona guanciuta e falsamente benigna mi rattrista, Monsieur”. E ancora: “Mi rammenta la Comèdie Italienne o Commedia dell’Arte, Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia”.
Ma Fallaci non ha mai gradito all’italiana e Prodi riuscì a strapparli un sorriso solo due volte: “Quando al suo agglomerato politico dette l’acconcio nome e l’acconcia immagine d’un Asino, e quando D’Alema La rimpiazzò a Palazzo Chigi. Il guaio è che per spodestarLa, dovette rifilarla all’Unione Europea, ove ci ha fatto fare non poche figuracce, Monsieur”. E, poi, la cronista ricorda quando nel 2003 Prodi promosse un sondaggio sulla legittimità-della-guerra-in-Iraq tra i cittadini dell’Unione Europea. “Sondaggio con cui si chiedeva, fra l’altro, quale fosse il Paese che minacciava di più la pace nel mondo e a cui risposero 7515 persone. Però lei lo rese noto come se si fosse trattato d’un referendum plebiscitario, e in anteprima dette la risposta da cui risultava che secondo il 59 per cento degli europei il paese che più minacciava la pace nel mondo era Israele”.
Fallaci ricordò, inoltre, quando Prodi inviò 60 pagine ai dirigenti dell’Ulivo per offrirsi come loro leader: “Le sue figuracce – osservava la giornalista – sono le nostre figuracce, Monsieur. Figuracce dell’Italia. E io soffrii tanto a leggere i tre aggettivi che Hans-Gert Poettering, il capo del Ppe, aveva scelto per condannare il suo secondo exploit: Scorretto, Inaccettabile, Irresponsabile”. Fallaci, poi, citò un editoriale del Times in cui si scriveva: “Mister Prodi ha rinunciato al diritto morale di guidare la Commissione Europea e ai popoli d’Europa renderebbe un miglior servigio se tornasse nel calderone della politica italiana. Non ci mancava che lei, Monsieur”. La lettera si conclude nel peggiore dei modi: “Voglio dire oltre a Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia, non ci mancava che Mortadella. Santo Cielo, non le bastavano gli immeritati fasti di Bruxelles? – si chiedeva Fallaci – Dove ogni mese lei riceve cinquanta milioni di vecchie lire italiane! E, perbacco!, sono tante! Così tante che mi chiedo come facciano gli italiani, anzi gli europei, a non rinfacciargliele”.
Per meglio definire Prodi è opportuno vedere il profilo che ne fece Bettino Craxi: «Nel vecchio sistema il signor Prodi era il classico sughero che galleggiava tra i gruppi pubblici e i gruppi privati con una certa preferenza per quest’ultimi ed una annoiata ma non disinteressata partecipazione ai palazzi dei primi. Come presidente dell’IRI era nient’altro che una costola staccata dal sistema correntizio democristiano e, lungo il cammino, si era dimostrato poco più di un fiumiciattolo che rispondeva sempre, sulle cose essenziali, alla sua sorgente originaria. Il signor Prodi, in questo senso, come leader politico non è nient’altro che il classico bidone».
Giannini, Bottura, Milan, ordine dei giornalisti, federazione della stampa, meetoo, senoraquando, e anime belle adesso mi direte che lavinia Orefici se l’è cercata. Le bugie di Prodi. pic.twitter.com/XTSaiszZgc
— Nicola Porro (@NicolaPorro) March 25, 2025