Il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca durante la conferenza stampa che si e' tenuta nella sede di Expo in via Rovello a Milano, per presentare il progetto pilota di collaborazione tra Authority Anti corruzione e Ocse sul monitoraggio degli appalti, 16 gennaio 2015. ANSA / MATTEO BAZZI

Roma, Marino decade. Commissario il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca

Ignazio Marino non è più sindaco. Ventisei consiglieri comunali, uno più del quorum, si sono dimessi in Campidoglio determinando lo scioglimento dell’assemblea capitolina, della giunta, già orfana di otto assessori, e di conseguenza la decadenza del sindaco-chirurgo dalla sua carica. E’ Francesco Paolo Tronca, prefetto di Milano, il commissario straordinario individuato per guidare Roma. ‘Non applicare tout court il modello Milano ad altre realtà ma prendere il meglio di questa esperienza per adattarlo a situazioni differenti’, così  il commissario straordinario,  all’indomani della sua nomina,  risponde alle domande dei giornalisti e spiega come intende affrontare il nuovo incarico. Quanto alle nuove sfide, a cominciare dal Giubileo, il prefetto ha sottolineato che le affronterà con la stessa determinazione con cui ha finora lavorato ad Expo. ‘Domani sarò a Roma per la notifica’, dopo la nomina a commissario. Oggi chiudo Expo nei pieni poteri di prefetto’. Vi siete sottomessi, dice Marino,  e avete preferito il notaio all’Aula: ‘Il Pd ha tradito il suo nome e il suo dna. Una coltellata da 26 nomi ma un unico mandante’, riferendosi a Renzi.  ‘La crisi auspicavo si potesse chiudere in aula invece si è preferito di andare dal notaio, segno di una politica che decide fuori dalle sedi democratiche riducendo gli eletti a persone che ratificano decisioni assunte altrove e ciò nega la democrazia’. Dure le stoccate al Pd: ‘Questo partito mi ha deluso per il comportamento dei suoi dirigenti perché ha rinunciato alla democrazia tradendo ciò che ha nel suo dna’. E aggiunge di non aver capito il perché della crisi politica, come se il suo fallimento, noto in ogni angolo del mondo, fosse un’invenzione.  ‘In un dibattito aperto e franco in aula avrei accettato la sfiducia a viso aperto o avrei detto di andare avanti, avrei detto di fare ciò che è più giusto e non ciò che è più conveniente, per una politica al servizio degli altri e non dei propri vantaggi’. Poi Marino ripete: ‘Io non ho capito quali errori mi si rimproverano su un programma che il centrosinistra ha sostenuto. In aula avrei ascoltato come si fa in democrazia.  Non mi fa piacere vedere da democratico che il Pd è andato dal notaio con chi ha militato nel partito di Berlusconi. Marino, in conferenza stampa, cerca di difendersi, di salvare la faccia. Senza riuscirci. Attacca tutto e tutti, l’unico saggio è lui, l’unico bravo è lui, la vittima, il capro espiatorio. ‘Marino non è vittima di una congiura di palazzo, ma un sindaco che ha perso contatto con la sua città, con la sua gente’, ha detto Renzi a Bruno Vespa nel corso di un’intervista per il libro ‘Donne d’Italia’ in uscita il 5 novembre. Al Pd interessa Roma, non le ambizioni di un singolo, anche se sindaco. Al Pd interessa Roma e per questo faremo di tutto per fare del Giubileo con Roma ciò che è stato l’Expo per Milano. Questa pagina si è chiusa, ora basta polemiche, tutti al lavoro’.   Roma ha bisogno di un’amministrazione, della guida che merita, perché è una città che merita moltissimo, specialmente in vista del Giubileo che è alle porte. Ci auguriamo che Roma possa procedere a testa alta e con grande efficienza, dice  il cardinale  Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Sulla vicenda del Campidoglio era intervenuto anche  l’Osservatore Romano definendo ‘una farsa’ la storia delle dimissioni del sindaco di Roma: ‘Al di là di ogni altra valutazione resta il danno, anche di immagine, arrecato a una città abituata nella sua storia a vederne di tutti i colori, ma raramente esposta a simili vicende’, scrive il quotidiano della Santa Sede. In un breve articolo intitolato ‘Roma attende di conoscere il suo futuro’, il giornale vaticano scrive che sta assumendo i contorni di una farsa la vicenda legata alle dimissioni del sindaco di Roma, Ignazio Marino, che con una mossa in verità non del tutto inattesa, ha ritirato la lettera con cui lo scorso 12 ottobre aveva rinunciato al suo incarico. Marino, prosegue l’Osservatore Romano, ha motivato la scelta, chiedendo un confronto in aula con la maggioranza che lo ha sostenuto nei due anni della sua amministrazione. Ben sapendo, tuttavia, che una maggioranza disposta a sostenerlo non esisteva più. Senso dello Stato e senso della misura erano necessari. Osservando nel profondo la tragicommedia in scena in Campidoglio, sono i fattori che più di altri fanno della vicenda Marino un segno della inarrestabile decadenza dei tempi. Senso dello Stato e senso della misura sono valori che non  si trovano sulla bancarella dietro l’angolo. Implicano un modo di essere del pubblico amministratore, dell’uomo di governo. Ma anche dell’intera comunità. Avere il senso dello Stato significa aver ben presente che esistono idee, interessi e, appunto, valori, che appartengono a tutti e non ad una sola parte, o partito. Avere senso della misura significa, d’altro canto,  avere ben chiari i limiti entro cui i comportamenti sono accettabili. Significa non eccedere nell’intemperanza. E’ l’Est modus in rebus di Orazio. Il non perdere la misura del mondo. Senso dello Stato e della misura non è pane per questi imbarazzanti figuranti della politica capitolina, e non solo capitolina. Ad un amministratore si chiedono onestà, competenza, serietà. Ma se mancano quei due requisiti, si rischia di produrre un danno incalcolabile alla città.

Roberto Cristiano

 

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