Attesa da due anni, è andata in scena ieri 22 marzo la prima di “LA NOTTE FINISCE ALL’ALBA”, libero adattamento e riscrittura di “Spettri” scritto nel 1881 dal drammaturgo norvergese Henrik Ibsen, con la drammaturgia e regia di Giancarlo Moretti, al Teatro Trastevere fino a domenica 27 marzo.


Gli spettri, vocabolo che solo l’ingegnere nominerà più volte nei dialoghi, appaiono progressivamente: intrecci, trame di odio, rabbia, invidia, classismo, disprezzo, ossessioni e debolezze smascherano l’ipocrisia di una borghesia messa a nudo.
La scena è ambientata in un generico salotto casalingo di una famiglia borghese. Inizialmente Regine Engstrand, la giovane domestica, intrattiene un dialogo con l’onorevole Menderz, personaggio che per primo porta i valori di un bigottismo eccessivo.

Così il regista trasla i valori bigotti di un pastore in un politico del nostro secolo.

Osvald è ammirato e sostenuto dalla propria madre, stufa della cornice di ipocrisia che la circonda.
La cifra registica del regista Giancarlo Moretti è assolutamente sperimentale e fa l’occhiolino alla drammaturgia shakespeariana.
Colpiscono i riferimenti al personaggio di Ofelia, vittima delle conseguenze, affidati alla domestica Regine.
“La sensibilità è come una spina per chi vuole sentire il profumo della rosa”: forte la drammaturgia che troviamo nella sua riscrittura che è diversa ma non meno bella dell’originale.
Efferate sono le ingiustizie e le menzogne scaturite dai comportamenti di tutti i presenti in scena.

Barbara Lalle