Riforme, voto finale alla Camera

 

Riforme costituzionali alla prova dell’Aula. Alle 12 Montecitorio voterà sul ddl che modifica il bicameralismo perfetto che poi dovrà tornare al Senato in terza lettura. Il Movimento cinque stelle ieri ha fatto sapere che resterà fuori dall’Aula al momento del voto, mentre dovrebbero partecipare ma votare no le altre opposizioni. Il governo è dunque stretto tra la contrerietà di Forza Italia e i mal di pancia sul provvedimento della minoranza Dem. I deputati di Fi ci saranno ma voteranno contro il ddl sul superamento del Bicameralismo paritario e sulle modifiche al Titolo V della Costituzione. Ma il partito è tutt’altro che compatto sulla decisa presa di posizione del presidente di Fi ed è molto probabile che qualche deputato sfugga alla disciplina di gruppo e si esprima a favore del provvedimento, come ha fatto sapere l’ex Dc Gianfranco Rotondi. “Voterò a favore e non sarò il solo”. Incognite anche nel Pd, dove l’area bersaniana dovrebbe esprimersi a favore, ma con il dissenso di 5 o 6 deputati che manterranno ferma l’opposizione al ddl. “Io voterò contro”, ha confermato Stefano Fassina. “So che ci sarà un documento di una parte dei deputati Pd della commissione Affari costituzionali”, ha aggiunto, precisando infine che i “voti in dissenso dal gruppo saranno meno dei 5-6 di cui si era parlato ieri. Io comunque dirò no”. Anche Lega Nord e Sel saranno presenti ma bocceranno il provvedimento, votando no. Una volta ricevuto il via libera della Camera, il ddl tornerà al Senato dove è stato già esaminato in prima lettura. Il Senato sarà composto da 100 senatori eletti dai Consigli regionali, con meno poteri nell’esame delle leggi; nuovo Federalismo, con abolizioni delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, con alcune competenze strategiche riportate in capo allo Stato. Ecco i punti principali della riforma che la Camera si accinge a votare in seconda lettura. La Camera sara’ l’unica Assemblea legislativa e anche l’unica a votare la fiducia al governo. I deputati rimangono 630 e verranno eletti a suffragio universale, come avviene oggi. Il Senato continuera’ a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sara’ composto da 95 eletti dai Consigli Regionali, piu’ cinque nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avra’ competenza legislativa piena solo sulle riforme costituzionali e le leggi costituzionali e potra’ chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma Montecitorio potra’ non tener conto della richiesta. Su una serie di leggi che riguardano il rapporto tra Stato e Regioni, la Camera potra’ non dar seguito alle richieste del Senato solo respingendole a maggioranza assoluta. I 95 senatori saranno ripartiti tra le regioni sulla base del peso demografico di queste ultime. I Consigli Regionali eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione dovra’ essere un sindaco. I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. Non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione del Senato. Autorizzazione obbligatoria anche per processare un senatore per un reato d’opinione. Per il Titolo V sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come l’energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto. Su proposta del governo, la Camera potra’ approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unita’ giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Il Presidente della Repubblica lo eleggeranno i 630 deputati e i 100 senatori, via i rappresentanti delle Regioni previsti oggi. Nei primi quattro scrutini servono i due terzi dei voti, nei successivi quattro i tre quinti; dal nono basta la maggioranza assoluta. Per la Corte Costituzionale cinque dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato. Per i Referendume serviranno 800.000 firme. Dopo le prime 400.000 la Corte costituzionale dara’ un parere preventivo di ammissibilita’. Potranno riguardare o intere leggi o una parte purche’ essa abbia un valore normativo autonomo. Salgono poi da 50.000 a 250.000 le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare. Pero’ i regolamenti della Camera dovranno indicare tempi precisi di esame, clausola che oggi non esiste. Per il giudizio preventivo della Consulta su Italicum è previsto, nelle nome transitorie del provvedimento, che prima che vada a regime il testo, su richiesta di almeno il 25% dei parlamentari, la Corte Costituzionale esprima un giudizio preventivo sulla costituzionalità delle leggi elettorali in corso di approvazione, ovvero l’Italicum.

Cocis

 

 

 

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