Riforma della scuola tra meritocrazia e sponsor

Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, sceglie la platea del Meeting di Cielle a Rimini per dare prime indicazioni sulle riforma della scuola, da lei definita una “rivisitazione delle regole del gioco”. Il ministro racconta del lavoro silenzioso che guarda “ai prossimi trent’anni e non ai prossimi tre, con una visione dei bisogni della scuola e della sua infrastruttura umana, dieci milioni di studenti e le loro famiglie ed il corpo docente”.  Valutare gli insegnanti per il merito e non solo per anzianità introducendo scatti di reddito sulla base della loro attività professionale. Istruzione professionale e lavoro mutuate, in pratica,  da un modello tedesco. Finanziare la formazione riunificando cultura ed istruzione, per evitare, dice il ministro, “che chi studia restauro finisca in un call centre”, creando scuole di specializzazione collegate ad enti culturali. Modificare i programmi potenziando lo studio di storia dell’arte e musica. La riforma della scuola, secondo Stefania Giannini,  darà una effettiva libertà di scelta educativa che “nel nostro paese non è stata mai effettivamente garantita”  e sul rapporto con le scuole paritarie guarderà all’offerta formativa. “Noi dobbiamo offrire un progetto educativo complessivo concentrato anche sulle scuole medie inferiori, pensando ad una scuola che sia organizzata dallo Stato o dall’iniziativa privata. La libertà di scelta educativa nel nostro paese non è mai stata garantita. La legge Berlinguer del 2000 non è stata mai applicata. Il finanziamento per le paritarie è sempre stato preteso, concesso, negato e negoziato. Dobbiamo uscire dalla logica che siano gli amici delle famiglie contro gli amici dello Stato. L’uno affonda senza le altre e viceversa. Il rapporto con le paritarie si risolve insieme senza pregiudizi ideologici, che pesano più dei soldi”. Passa poi al precariato che definisce “frutto di decenni di scelte miopi. Abbiamo un corpo docente frammentato, un lavoro che non si chiama lavoro. Quello delle supplenze è l’agente patogeno del sistema scolastico, un batterio che dobbiamo eliminare. In Italia non abbiamo tutti i docenti che ci servono a far funzionare la scuola. Mancano i docenti. Il ricorso ai supplenti fa male a tutti, partendo dagli insegnanti e finendo agli studenti. C’è bisogno di figure stabili riconducendo tutto ad un discorso unitario. Parliamo di una riforma reale e non di una riforma fondata sulla carta e lavoreremo sulla pianta organica di fatto e non di diritto”. Giannini è categorica sui tagli: “L’idea di tagliare a destra per spostare a sinistra appartiene ad una vecchia logica. Servono soldi, è vero, ma non li sottrarremo ad altri comparti della scuola. Abbiamo studiato meccanismi di finanziamento molto innovativi. Bisogna uscire dallo stereotipo che il mercato è nemico della scuola”. Forse il ministro pensava agli sponsor. Di certo dal punto di vista economico un miliardo da stanziare non basterà. Si parla di 750 mila insegnanti, 8 mila presidi, 250 mila tra amministrativi ed ausiliari ed in una scuola di Stato non potranno essere certo i privati a pagare gli stipendi. Il punto cruciale è questo e non le priorità didattiche. Quelle verranno dopo.

Cocis

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