Ricorso al Tar contro il quesito del referendum

E’ di nuovo scontro sul referendum del 4 dicembre sulle riforme costituzionali. Sinistra Italiana ed M5s hanno fatto ricorso contro il quesito referendario che, ad avviso dei ricorrenti,  si tradurrebbe in una sorta di spot. I ricorrenti, tra l’altro, chiamano in causa il decreto della presidenza della Repubblica di inidizione della consultazione popolare, ma il Colle replica che la formulazione è stata ammessa dalla Cassazione. In relazione a quanto affermato in una nota di ricorrenti al Tar Lazio, in cui impropriamente si attribuisce alla Presidenza della Repubblica la formulazione del quesito referendario, negli ambienti del Quirinale si precisa che il quesito che comparirà sulla scheda è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, in base a quanto previsto dall’art 12 della legge 352 del 1970, e riproduce il titolo della legge quale approvato dal Parlamento. Questo è il quesito referendario: ‘Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?’. La scelta, ovviamente, è tra il ‘Sì’, ed il ‘No’.  A parere dei ricorrenti, infatti, il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di ‘spot pubblicitario’, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale. Il ricorso al Tar Lazio è dunque contro il Decreto del Presidente della Repubblica con cui, indicendo il referendum per il prossimo 4 dicembre, è stato tra l’altro stabilito il quesito che dovrebbe comparire sulla scheda di votazione. A presentarlo sono stati gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il ‘No’ e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (M5s) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-Sel). Questo quesito è quello che la legge prevede per la riforma costituzionale, dice Matteo Renzi, che ha puntato più volte sulla necessità di affrontare la questione nel merito e non attraverso slogan, ribadendo che ora ci sono persone che dicono che il quesito è sbagliato ma è quello che prevede la legge,  e su quello sono state raccolte le firme da entrambi i fronti. Non si può avere paura della verità, ha detto il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, a ‘Porta a Porta’, a proposito del ricorso. E’ la Corte di Cassazione,  ha sottolineato Boschi,  che ammette il quesito e non il Governo. E’ interesse dei cittadini avere un quesito chiaro e mi sarei aspettata che Grillo avesse detto ‘Non si capisce nulla’ se il quesito fosse stato diverso. Qui invece è tutto chiaro, i cittadini hanno davanti a sé la verità su cui dire ‘Sì’ o ‘No’ e ‘Non si può avere paura della verità’. Se vince il No’ alla riforma costituzionale, ha detto D’Alema ai microfoni di ‘Radio Anch’io’, non ci sarà nessuna catastrofe, non credo che Renzi si dimetterebbe e, probabilmente,  continuerebbe a governare con minore arroganza e sarebbe un bene anche per lui. Il presidente del Consiglio,   ha aggiunto, dovrebbe occuparsi del governo del Paese, magari vedendo se riesce a far quadrare i conti della legge finanziaria, della disoccupazione e della crisi. ‘Se solo l’ex premier Massimo D’Alema non fosse così accecato dalla rabbia e dall’odio personale per non aver ottenuto la sua poltroncina di consolazione potrebbe agevolmente scoprire la realtà. E cioè che  il presidente del Consiglio ha inaugurato i lavori contro il dissesto idrogeologico sul Bisagno che nessun governo aveva voluto prima di noi. Neanche i due governi D’Alema’, risponde il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Luca Lotti che snocciola una serie di azioni e risultati messi a segno dal governo. Se D’Alema volesse scoprire la realtà, attacca dunque, scoprirebbe che il presidente del consiglio è stato a Treviso a incontrare aziende, lavoratori, uomini dello sport, lavoratori della scuola, artigiani per rilanciare la crescita del Nord-est attraverso investimenti mirati e il coinvolgimento di tutti. Che il presidente del Consiglio ha incontrato oltre cento sindaci tra Treviso e Genova per parlare di legge di stabilità, in particolar modo discutendo di come liberare gli avanzi d’amministrazione per l’edilizia scolastica. Saprebbe ha ascoltato le vittime della mala gestione delle banche venete frutto di una mancata riforma delle popolari che nel 1998 fu preparata da Ciampi e Draghi ma non realizzata dal governo D’Alema. E che è stata realizzata diciassette anni dopo dal governo Renzi. Se però D’Alema vuole parlare di risultati del governo  potremmo discutere della riforma del mercato del lavoro che lui teorizzò e non realizzò, della riforma delle unioni civili, che lui teorizzò e non realizzò e di molte altre scelte legislative che sicuramente D’Alema avrebbe ben accettato se solo avesse ottenuto una modesta poltrona di consolazione: ‘Spiace che un autorevole ex leader della sinistra sia così roso dal risentimento. Ma continueremo a ricordare con affetto la stagione dalemiana delle battaglie riformiste rottamate oggi dalla rabbia e dall’invidia’,  conclude durissimo Lotti.

Roberto Cristiano

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