La sfida a sinistra si gioca anche in tv: l’ex Pd Roberto Speranza parla all’Intervista di Maria Latella su Skytg24 e poco dopo l’ex premier Matteo Renzi gli risponde dalle telecamere di Raitre, dove interviene a ‘Che tempo che fa’ di Fabio Fazio. Chiaro che, come in ogni ‘divorzio’ che si rispetti, è subito ‘guerra aperta’ tra Pd ed ex dem. Il 30 aprile, data delle consultazioni per eleggere il segretario del Pd, potrebbe essere per Renzi il giorno della riscossa. Dopo la ferita della scissione, Matteo potrebbe segnare un colpo a suo favore e ri-legittimarsi leader indiscusso del Pd e quindi dettare la linea sulle future alleanze che,  se rimane il sistema proporzionale,  saranno indispensabili per poter governare. Quindi con un occhio agli scissionisti per assicurarsi che non raccolgano troppi adepti, con l’altro nel partito per fare in modo che i candidati di opposizione, Orlando ed Emiliano, non risultino particolarmente forti, l’ex premier pensa che il 30 aprile sarà la nuova data da cui ripartire, fatti fuori i nemici interni e quelli che ormai si sono già accomodati fuori. Dai primi sondaggi di Ipr Marketing emerge uno scenario già abbastanza definito, se non ancora nella dimensione, sicuramente nel vincitore. Renzi al momento riceve il 64% dei consensi tra gli elettori democratici che pensano di recarsi ai gazebo. Emiliano ed Orlando, invece, partono ognuno con il 18% delle preferenze. Da specificare che è ancora troppo presto per poter delineare in maniera precisa l’esito dello scontro elettorale, nel senso che in questi casi generalmente i candidati che raccolgono minor consenso quando ancora non è iniziata la campagna elettorale (Emiliano e Orlando) hanno una maggiore probabilità di incrementare i voti a loro favore, aumentando la propria azione di promozione del progetto politico in chiave di comunicazione, mentre al contrario candidati forti perché già riconosciuti (Renzi) hanno una maggiore probabilità di perdere consensi più che conquistarli. Pertanto a oggi il 64% attribuito a Renzi deve essere interpretato come il massimo dei voti che l’ex segretario potrebbe conquistare, così come le percentuali di Emiliano e Orlando devono essere intese come il minimo del consenso che possono avere. Comunque sia, al di là delle naturali oscillazioni che potranno avvenire, dal risultato del sondaggio emergono due importanti valutazioni: 1) il vantaggio attuale di Renzi nei confronti dei due competitor è così elevato da non mettere in discussione, per il momento, la possibile riconferma del segretario dimissionario; 2) il consenso al possibile vincitore è nettamente superiore al 50%, e questo lo metterebbe al riparo dalla possibilità di andare al ballottaggio. Se questo sarà davvero il responso che uscirà dai gazebo del 30 aprile non c’è dubbio che le primarie diventeranno il momento della ri-consacrazione del segretario uscente e al contempo sarà anche un messaggio politico diretto agli scissionisti per dire che la forza del leader non si è indebolita. E’ interessante anche notare come si divide il consenso tra le diverse anime del Pd, cioè quella più centrista dalla quale proviene Renzi, e quella più a sinistra (ex Ds) dalle quali vengono Orlando ed Emiliano. La forza di Renzi deriva dal fatto che continua a catalizzare i favori della maggior parte dell’elettorato che in tempi passati si identificava con i Ds. Infatti, tra questi, il 52% vota Renzi, il 30% Orlando ed il 18% Emiliano. Nel momento in cui è cominciato il meccanismo delle primarie, la fronda che ha abbandonato il partito ha il bisogno di posizionarsi e strappare quanti più voti al Pd. La scissione nel Pd è rimediabile? E’ una cosa di palazzo,  dice Renzi,  la stanno facendo sulla data del congresso, sui codicilli. Quelli della sinistra non fanno altro che parlare di me e non dell’Italia.  E confida: ‘Non ne posso più di questo dibattito, figuratevi i cittadini’, aggiungendo che comunque lavorerà affinché ci sia un riavvicinamento. E più avanti, sempre riferendosi alla scissione: ‘Chi vince non può avere dal proprio interno la guerra. Si può sbagliare, l’ho fatto ma non si può accettare una politica contro le persone. A forza di attaccare qualcuno l’Italia non cresce.  A me dispiace molto. Era un disegno già scritto, ideato e prodotto da Massimo D’ Alema. Possono chiedermi di dimettermi ma non rinunciare un ideale. E’ come se D’ Alema e i suoi amici non avessero mandato giù il rospo che altri avrebbero potuto competere nel partito. Io mi son dimesso perché ho preso atto di una sconfitta. Perciò sono ripartito daccapo, ma non potevo accettare ricatti. Ho invitato D’ Alema a candidarsi alle primarie per avere consenso.Tutti ora si scindono, anche l’atomo, e siamo tornati alla Prima Repubblica’. Quanto alla data delle elezioni, Renzi resta sul vago: ‘Le elezioni sono previste nel febbraio del 2018, se Gentiloni deciderà che si voti prima lo deciderà lui’. Sui problemi degli italiani comunque dice la sua: lavoro di cittadinanza, non reddito di cittadinanza, sottolinea tornando a spiegare il suo punto di vista: ‘E’ giusto aiutare chi resta indietro, chi non ce la fa, ma l’atteggiamento non può essere: ‘Non ti preoccupare che ci pensa Papi, ovvero lo Stato. Noi dobbiamo dare stimoli altrimenti l’Italia muore. Non può pagare lo Stato per tutti’.