Reggia di Caserta: ‘Apre la collezione Terrae Motus’

Come si può raccontare un terremoto? Quali allegorie, dubbi, significati provoca la deflagrazione della terra e della mente? Che tipo di inquietudini, visioni e profezie accende una tragedia nella creatività di un artista? Lucio Amelio, uno dei più illuminati galleristi italiani del Novecento, non ha avuto dubbi nel chiedere, all’indomani della catastrofe che il 23 novembre 1980 squarciò l’Irpinia, una testimonianza immediata dell’apocalisse agli artisti più significativi del periodo. Warhol e Pistoletto, Beuys e Boltanski, Barcelò e Schifano. Ne è uscita una preziosa collezione di oltre 70 opere,Terrae Motus appunto, che sarebbe dovuta confluire, alla morte di Amelio nel ‘94, in un’ipotetica sede museale napoletana della Fondazione a lui intestata. Le cose non andarono così e quelle opere ferite finirono, dopo alterne vicende, per essere ospitate nella Reggia di Caserta. L’arte povera e il concettuale, la transavanguardia e il neo espressionismo, il ritorno alla pittura e la forza della fotografia: una vera e propria lezione di arte contemporanea che già si è vista qua e là (da Napoli a Parigi) per cadere poi inequivocabilmente in uno stato di letargo. Un patrimonio che ha raccontato anche Mario Martone in un film del ‘93. Ci ha pensato il nuovo direttore della Reggia, Mauro Felicori, a rilanciare il patrimonio che aveva in casa, organizzando da  domani giugno una sorta di esposizione permanente di ‘Terrae Motus’ nei nuovi spazi del piano nobile del Palazzo, resisi disponibili dopo l’allontanamento degli uffici dell’Aeronautica militare. All’inaugurazione dovrebbe intervenire anche il ministro Franceschini.

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