Referendum e Renzi: ‘Dal Pd non caccio nessuno, ma il fronte del no tenta una spallata’

E’ sempre più alta tensione nel Pd dopo l’attacco del premier Matteo Renzi che dalla Leopolda ha accusato la minoranza di voler distruggere il Pd dopo averlo fatto con l’Ulivo. L’ex segretario Pier Luigi Bersani non nasconde la sua amarezza soprattutto per cori ‘Fuori, fuori’ che da Firenze hanno evocato la scissione della sinistra Dem. In mattinata il premier, nella sua enews accusa il fronte del No di avere come obiettivo la spallata al governo mentre il ministro dell’Interno Angelino Alfano avverte: ‘Se vince il No le dimissioni di Renzi sarebbero un errore’. Ma nel pomeriggio Renzi, in un comizio a Frosinone, evita le polemiche: ‘D’Alema? La domanda su D’Alema è un evergreen. Il quesito non è su D’Alema’. Dal pubblico a questo punto qualcuno urla e il premier replica: ‘Buoni, buoni. Noi non cacciamo nessuno. Il nostro obiettivo non è andare contro qualcuno ma fare una battaglia nell’interesse dei nostri figli e pensiamo che una parte dei dirigenti del passato si sia occupata molto di se stessa e delle poltrone e meno dei nostri figli e nipoti. Ma noi facciamo politica per loro’. La verità, a quattro settimana dal referendum, è che resta bassa la percentuale di italiani che dichiara di aver compreso i cambiamenti previsti dalla Riforma costituzionale: poco più di 1 cittadino su 10 afferma di conoscerla pienamente; il 42% a grandi linee. Un terzo dei cittadini,  spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento,  ammette di averne solo sentito parlare, mentre il 14% confessa di non saperne nulla. Non sembra creare grande passione la sfida referendaria che peserà sul futuro volto politico ed istituzionale del Paese. Se la consultazione si tenesse oggi, con un’affluenza in lieve crescita al 54%, il 26% degli elettori non saprebbe ancora come votare. Quasi il 36% opterebbe per il ‘Sì’, poco più del 38% sceglierebbe il ‘No’, in lieve vantaggio a 28 giorni dall’ apertura delle urne. Secondo l’analisi effettuata da Demopolis per il programma Otto e Mezzo (LA7), ripercentualizzando i dati in proiezione elettorale, in assenza di quanti non hanno ancora deciso, il 48,5% confermerebbe la Riforma, il 51,5% la boccerebbe. Con oltre un quarto di elettori incerti, la forbice stimata oggi da Demopolis oscilla tra il 45 ed il 52% per il ‘Sì’,  e tra il 48% ed il 55% per il ‘No’. Più andiamo avanti, afferma Renzi,  e più è evidente che i leader del fronte del No usano l’appuntamento del 4 dicembre per tentare la spallata al Governo: ‘Vogliono tornare loro a guidare il Paese e si rendono conto che questa è l’ultima chance. Ecco perché da Berlusconi a D’Alema, da Monti a De Mita, da Dini a Cirino Pomicino fino a Brunetta Grillo e Gasparri stanno tutti insieme in un fronte unico. Provate a chiedere loro su cosa andrebbero d’accordo: su nulla, probabilmente. Solo sul dire no.L’Italia non si cambia con i no. L’Italia non va avanti seguendo chi sa solo criticare gli altri senza proporre un’alternativa. Ecco perché ogni giorno di più il referendum diventa un derby tra futuro e passato, tra speranza e nostalgia, tra chi vuole cambiare e chi preferisce non cambiare nulla. Stavolta possiamo davvero liberarci della maledizione del Gattopardo. Ma perché ciò accada è fondamentale che tante persone si mettano in gioco’.  Speranza critica anche l’accordo tra i Dem per le modifiche sull’Italicum dopo il referendum. Il superamento del ballottaggio e l’elezione dei deputati nei collegi,  sono i due aspetti dell’Italicum che potrebbero cambiare dopo il referendum costituzionale. Le modifiche sono infatti indicate nel documento approvato da una commissione Pd formata dai vertici del partito (Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Luigi Zanda, Matteo Orfini) e dal deputato della minoranza Gianni Cuperlo. Il testo non assume invece nessun impegno sulla possibilità di assegnare il premio di maggioranza non alla lista, come previsto ora, ma alla coalizione, come chiedono a gran voce i piccoli partiti. I principi di base del sistema elettorale, viene spiegato nel documento, restano ‘governabilità e rappresentanza’, e  se le modifiche proposte divenissero legge cambierebbe il modo di ottenerli. Il documento sarà inviato ad Assemblea, Direzione e gruppi parlamentari Pd, ma il Parlamento inizierà a occuparsi del tema non prima del referendum costituzionale del 4 dicembre, anche perché dalle consultazioni svolte informalmente dalla commissione è emerso che la maggioranza degli altri partiti non è disposta ad affrontare il tema prima del voto. Ma come cambierebbe l’Italicum secondo le modifiche indicate dalla commissione Pd? L’attuale è un sistema proporzionale con sbarramento al 3% e premio di maggioranza (340 seggi su 630) alla lista che supera il 40%: se nessuno lo raggiunge, si decide il vincitore in un ballottaggio tra i due partiti più votati. Il documento indica invece la possibilità che con un premio che assicuri la governabilità, si possa archiviare il ballottaggio dell’Italicum. Ma non viene indicata l’entità del premio né se sarà assegnato alla lista o alla coalizione. Il secondo aspetto è quello del metodo di selezione dei deputati: la legge elettorale in vigore prevede che si votino liste con capolista bloccato e la contesa tra gli altri con le preferenze. La commissione Dem indica invece la preferenza per la scelta di un sistema di collegi. Ma, nota il bersaniano Federico Fornaro, che critica il documento, non si indica se i collegi siano uninominali maggioritari (candidato di coalizione) oppure uninominali proporzionali (candidato di partito). Sinistra riformista, l’area Pd che fa capo a Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, ha bocciato l’accordo perché contiene impegni troppo vaghi e soprattutto è una dichiarazione di intenti e non una proposta di legge. Quanto alle altre forze politiche, l’abolizione del ballottaggio appare un cambiamento largamente condiviso. Per il resto, restano agli atti le richieste da loro avanzate in questi mesi di discussione. I piccoli partiti,  Ncd su tutti,  chiedono di assegnare il premio di maggioranza non alla lista ma alla coalizione. Silvio Berlusconi ha espresso una preferenza per un sistema proporzionale, che lascerebbe anche la possibilità di larghe intese dopo il voto. I Cinque stelle hanno una proposta di legge proporzionale che hanno chiamato ‘Democratellum’,  con collegi intermedi, soglie di sbarramento e preferenze, sia positive che negative.

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