Un mese fa la Cei guidata dal cardinale Matteo Maria Zuppi, mediante il Consiglio permanente, aveva chiesto con un tempismo sospetto una riforma “complessiva” della legge sulla cittadinanza. Che significa il via libera a un iter ancora più rapido per ottenere la cittadinanza italiana. Un consiglio che gli elettori non hanno apprezzato né seguito. Monsignor Francesco Savino, vicepresidente della conferenza episcopale, si era spinto oltre definendo una forma di “impotenza deliberata” la scelta dell’astensione.
Le aperture”inclusiviste”, l’integrazione e l’accoglienza fanno breccia. Il referendum sulla cittadinanza è stato uno schiaffone ai paladini delle scorciatoie. Vescovi progressisti compresi. La Conferenza episcopale e i cattolici di sinistra hanno sostenuto il quesito referendario promosso dalla coppia Landini-Schlein ma gli appelli sono caduti nel vuoto.
La Cei può ascriversi nella nutrita schiera degli sconfitti dalle urne, insieme ad Azione Cattolica, Caritas, Acli, Agesci, Centro Astalli, Fondazione Migrantes e Comunità di Sant’Egidio. Tutti a rincorrere la battaglia di Cgil e Pd per dimezzare i tempi per la cittadinanza in un Paese come l’Italia che è tra i primi d’Europa per numeri di cittadini naturalizzati. I cittadini italiani hanno bocciato tutto.
«Un autogol prevedibile – osserva Giorgio Gori, eurodeputato ed ex sindaco di Bergamo – che andava evitato, il Pd sì è infilato in una battaglia ideologica e anacronistica». Sulla stessa linea Lia Quartapelle che su Facebook bolla l’avventura alle urne: «Una battaglia identitaria rivolta al passato». Pina Picierno non sfoggia toni diplomatici: «Una sconfitta profonda, seria, evitabile». La resa dei conti è rinviata, si litigherà dentro il Nazareno per un referendum contro il governo ma anche contro l’ala riformista del Pd.