Reddito e Boeri: ‘Potremmo dover chiedere indietro 10mila euro alle famiglie’

Il reddito di cittadinanza non dispone ancora di tutti gli strumenti di verifica, soprattutto quelli relativi all’accertamento del patrimonio mobiliare di chi accede al beneficio: “Quindi a posteriori potremmo trovarci a fare un’azione di recupero nei confronti di famiglie che non se la passano bene, più di 100mila nuclei familiari a cui potremo richiedere indietro anche 10mila euro”.

È il presidente Inps Tito Boeri a profilare questa eventualità nel corso della trasmissione Otto e mezzo su La7. “Non siamo infatti ancora in grado di verificare il patrimonio mobiliare delle persone. Sarebbe meglio quindi attrezzarci per i controlli prima e non dopo di erogare il reddito”, ha spiegato.

Il reddito di cittadinanza, ha aggiunto Boeri, “fissa un livello di prestazione molto elevato per un singolo” e questo “spiazza i redditi da lavoro”.

Boeri ha poi sottolineato che gli effetti di scoraggiamento al lavoro sono “rilevanti”. Quasi il 45% dei dipendenti privati del Sud – ha rimarcato – ha “redditi da lavoro netti inferiori a quelli garantiti dal Rdc a un individuo che dichiari di avere un reddito uguale a zero”. In 3 anni potranno andare in pensione con quota 100 circa 650.000 persone. Con quattro anni di anticipo “l’importo della pensione si riduce di più del 20%”.

La scala di equivalenza adottata dal reddito di cittadinanza svantaggia le famiglie numerose. Così l’Ufficio parlamentare di bilancio durante l’audizione alla Commissione bilancio del Senato. “Se il beneficio medio in una famiglia con un solo componente è pari 3.423 euro, questo scende a 1864, per singolo componente, per famiglie con più di 4 componenti” spiega il presidente Giuseppe Pisauro, sottolineando come invece la povertà sia più diffusa tra le famiglie più numerose.

I monocomponenti infatti, annota ancora l’Upb, sono pari all’84% del totale dei poveri assoluti (4,4% l’incidenza dei beneficiari contro un’incidenza della povertà assoluta del 5,2%) rispetto a circa il 77% (13,7% contro il 17,8) per i nuclei con più di quattro componenti. “Alla base di questa differenza – prosegue -, figurano anche ragioni connesse al contenimento delle risorse stanziate e dell’entità dell’assegno base, a suo tempo annunciato”.

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