Recovery fund e Merkel: ‘C’è quadro per possibile accordo’

Spiragli di intesa al Verticve Ue sul Recovery Fund. “Abbiamo lavorato su un quadro per un possibile accordo, è un passo avanti e dà la speranza che forse oggi ce ne possano essere altri o che un accordo sia possibile”. Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel arrivando al Consiglio europeo per la quarta giornata di negoziati sul Recovery Fund e il bilancio Ue. I negoziati – ha aggiunto – sono incredibilmente duri, ma situazioni straordinarie richiedono uno sforzo straordinario, spero che le divergenze residue possano essere superate.

‘Dopo tre giorni e tre notti entriamo nella fase cruciale, ma ho l’impressione che i leader Ue vogliano davvero un accordo, stanno mostrando reale volontà di trovare una soluzione, un accordo ci serve per i cittadini, per la Ue. Sono positiva per oggi, non ci siamo ancora ma le cose si muovono nella giusta direzione’,  ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen entrando al vertice Ue.

‘Iniziamo questo quarto giorno di negoziati con la possibilità di un compromesso. Ma resto estremamente prudente. Elementi si sono materializzati nella notte per cercare di trovare un accordo sul volume totale del Recovery Fund e la parte della sovvenzioni, l’argomento più sensibile delle ultime ore. C’è lo spirito per arrivare al compromesso’,  così il presidente francese, Emmanuel Macron, arrivando al vertice Ue.

Già dalla mattina i primi segnali positivi con l’Olanda che sembra apprezzare la bozza che il presidente Charles Michel dovrebbe presentare alle 16. Ora – dice il premier olandese Mark Rutte a margined dei lavori – c’è un ottimo testo di bozza” sul meccanismo del super freno d’emergenza, che riguarda la governance del Recovery Fund, e quindi il tema dell’attuazione dei piani nazionali delle riforme, che ritengo stia lentamente guadagnando consenso. Sono davvero contento, perché questa è stata una condizione cruciale per noi – ha aggiunto – per essere in grado di costruire quel bilanciamento tra prestiti e sovvenzioni.

I negoziati – ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz – non sono ancora finiti, ma possiamo essere molto soddisfatti di essere riusciti a ottenere una riduzione dell’importo totale, che era la nostra richiesta principale, un aumento degli sconti per l’Austria e la garanzia che investimenti e riforme saranno controllati. E’ davvero un ottimo risultato. Kurz ha riferito anche di ‘progressi sulla plastic tax’ per le nuove entrate Ue con cui finanziare il debito.

Dopo mesi di polemiche e correttivi, che hanno portato al definitivo rinvio, la plastic tax vede la luce a luglio 2020. L’obiettivo principale di questa imposta sugli oggetti monouso – almeno in linea di principio – dovrebbe essere la conversione del sistema produttivo e delle abitudini quotidiane, verso materiali e stili di vita dal minore impatto ambientale. Come abbiamo visto nell’approfondimento sull’idea di sostituire la plastica e sulle ricerche in questo ambito, i problemi di inquinamento e i rischi per la salute hanno spinto scienza e industria a mettere a punto nuove soluzioni nel segno della sostenibilità. Ma la plastic tax sarà davvero utile o si tratta solo di un espediente del governo per fare cassa? Chi dovrà farsene carico e che riflessi avrà in termini economici e occupazionali?

Nell’ultima Legge di Bilancio, la cosiddetta plastic tax è una delle misure più discusse e contestate, visto che  fino alla metà di dicembre ha subito correttivi e rinvii. L’entrata in vigore, infatti, non è arrivata  prima del mese di luglio di quest’anno, anche se l’opinione pubblica e la politica sono divise da mesi tra sostenitori e detrattori, a prescindere dall’appoggio al governo che l’ha approvata. Il bersaglio della nuova imposta sono i MACSI, acronimo che corrisponde ai manufatti in plastica con singolo utilizzo, ovvero gli articoli destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle materie plastiche.

Come ha dichiarato il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ‘non si tratta di una tassa generalizzata sulla plastica – materiale di cui difficilmente si può a fare a meno – ma ha l’obiettivo di disincentivare l’utilizzo di prodotti usa e getta non biodegradabili, oltre a promuovere materiali compostabili ed ecocompatibili. Analogamente a quanto accaduto per la sugar tax, però, secondo chi si oppone al provvedimento la ragione primaria – se non esclusiva – è quella di recuperare denaro per le casse dello Stato. Come abbiamo visto, inoltre, i produttori di bibite hanno lamentato la combinazione tra queste due misure, che nel caso dei soft drink zuccherati, confezionati in bottiglie di plastica, costituirebbero una doppia tassazione. Da questo provvedimento, ad ogni modo, lo Stato prevede di ricavare 140,6 milioni entro la fine del 2020, mentre per l’anno successivo l’introito stimato dovrebbe superare di poco i 521 milioni.

Intanto il presidente dell’Europarlamento David Sassoli alza la posta: ‘Dopo giorni di discussioni, gli europei si aspettano una conclusione all’altezza di questa fase storica. Siamo preoccupati per un futuro che mortifichi la solidarietà europea e il metodo comunitario. Il Parlamento Ue ha indicato le proprie priorità e si aspetta che vengano rispettate.   Occorrono subito nuove risorse proprie e una efficace difesa dei principi dello stato di diritto. Inoltre, il Parlamento ha più volte chiesto la soppressione dei rebates. Senza queste condizioni il Pe non darà il proprio consenso. Il Quadro finanziario pluriennale deve assicurare nel medio periodo la copertura adeguata delle principali sfide europee, come il Green Deal europeo, la digitalizzazione, la resilienza e la lotta alle disuguaglianze. Il Covid-19 non si è esaurito e ci sono nuovi focolai in Europa. È più che mai necessario agire presto e con coraggio’.

Intanto i mercati appaiono fiduciosi: l’euro ha aperto ai massimi da marzo mentro lo spread in avvio di seduta è in calo.

Alla ripresa dei lavori alle 16 del summit, entrato oggi nella sua quarta giornata, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dovrebbe presentare una nuova proposta formale (negobox) che sarà basata su una dotazione di 390 miliardi di euro di sovvenzioni, ma con ‘rebate’ più bassi rispetto alla precedente. Si tratta di un importo inferiore rispetto ai 500 miliardi del progetto iniziale, considerato inaccettabile dai cosiddetti paesi frugali: Paesi Bassi, Austria, Svezia, Danimarca, ai quali si è unita la Finlandia.

‘Michel non ha anticipato null’altro ma ha detto che proporrà oggi una soluzione con una riduzione dei grants a 400 miliardi e 390 miliardi. La soluzione da 400 miliardi di sussidi nel Recovery plan condurrebbe un maggiore sconto per i Paesi che ne hanno diritto e quella da 390 miliardi un minore sconto’, ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al rientro in albergo dopo la lunga notte in Consiglio, facendo riferimento ai sussidi previsti dal Recovery plan e agli sconti – i cosiddetti ‘rebate’ – contenuti nel bilancio pluriennale per alcuni Paesi, tra cui i frugali. In questo momento ci stiamo avvicinando allo zoccolo duro delle rispettive posizioni e il confronto diventa più risolutivo.

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