Il 12 luglio il premier Mario Draghi  indicherà i nomi dei nuovi presidente e amministratore delegato Rai, anticipando quindi il Parlamento che dovrebbe votare i candidati al prossimo board di viale Mazzini due giorni più avanti, il 14 luglio. Il governo lo farà in occasione dell’assemblea dei soci Rai (Mef e Siae). L’ipotesi sarebbe legata, a quanto si apprende, anche alla deadline del 29 luglio per l’approvazione del bilancio dell’azienda. Nessuna intenzione di fare prove muscolari, si spiega in ambienti di governo, ma la necessità di chiudere una complessa partita in tempi certi, auspicando che anche i partiti trovino una linea condivisa entro quella data. A formulare i due nomi sarà, tecnicamente, il ministro dell’Economia. Due le proposte che girano in queste ore per il ruolo di ad, quello di Matteo Maggiore (Bei) e quello di Giorgio Stock (Warner media).

In una ipotetica situazione di immobilismo politico su questo fronte, con le problematiche espresse  dai 5 Stelle (che hanno portato al rinvio delle nomine dei membri del Cda scelti dal Parlamento), il governo potrebbe dunque prendere l’iniziativa mettendo sul piatto i nomi dell’ad e del presidente. Per quanto riguarda quest’ultimo, viene ricordato, servirà poi il voto di ratifica (con il sì dei 2 terzi) della commissione di vigilanza Rai. Una scelta su cui quindi serve necessariamente una condivisione dei partiti e sulla quale si sta ragionando con una premessa fatta proprio dalle forze politiche: sulla parità di genere il presidente del Consiglio si è sempre espresso con decisione. Da qui la convinzione che potrebbe spuntare il nome di una donna.

Tra gli altri è circolato in queste ore quello della dirigente di Bankitalia Alessandra Perrazzelli. Nome però che non viene dato in partita in ambienti dell’Esecutivo, nella convizione che la dirigente della Banca centrale italiana svolga già un lavoro con competenze difficilmente sostituibili in questa fase. Certo, sulla scelta finale dei nomi potrebbe pesare anche la questione degli stipendi, si teme in ambienti parlamentari di maggioranza. Molti top manager di aziende private esperti del settore Tv guadagnano sicuramente molto di più dei 240 mila euro lordi previsti dal tetto per gli stipendi pubblici. Ma su questo non si dispera e si considera che anche lo spirito di servizio per il Paese potrebbe convincere un super manager qualificato a scegliere di entrare in una azienda pubblica. Al riguardo qualcuno nella maggioranza ricorda il caso di Luigi Gubitosi che assunse il ruolo di dg Rai dopo essere stato manager di grandi gruppi privati.

Definite al momento solo le candidature del Pd (che pare aver trovato un accordo su Francesca Bria) e della Lega, che spinge per la conferma di Igor De Biasio. Da definire il quadro dei 5S che non hanno trovato un accordo. Circolano i nomi di Paolo Favale e Antonio Palma, ma la partita è tutta da giocare. Anche nel centrodestranon tutti i nodi sono stati sciolti. Il candidato di FdI, Giampaolo Rossi, non convince gli altri partiti, non solo perché accusato di aver sostenuto l’ad uscente Salini, ma anche perché FI spinge per Simona Agnes. Appare difficile lasciare fuori, però, il solo rappresentante dell’opposizione. Anche la nuova data non convince, perché arriva il giorno dopo la votazione sul ddl Zan, che non si presenta come una passeggiata. Al momento l’unico nome certo di far parte del cda è quello di Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti Rai.