Ragazzi transgender e disforia di genere

Partiamo dal 31 marzo che, dal 2009, sancisce la giornata internazionale della visibilità transgender.  Ma cos’è un transgender?

Bisogna partire dal concetto di identità di genere, o dalla percezione che ogni persona ha di sé.

  Il concetto di genere agisce su tre livelli principali:

  • il sesso biologico, definito da cromosomi sessuali, caratteri sessuali secondari e genitali;
  • la propria identità;
  • il genere che la società attribuisce all’individuo, basato principalmente su aspetto e comportamento.

Le persone per cui questi tre livelli coincidono si definiscono cisgender.

La società italiana riconosce soltanto due generi, maschile e femminile: le persone che non si identificano in nessuno dei due non possono avere la loro identità riconosciuta legalmente.

Per una persona transgender il genere attribuito alla nascita e quello effettivo non coincidono, ovvero esiste una discrepanza tra sesso biologico e genere.

Non tutte le persone transgender decidono di affrontare la transizione ormonale e chirurgica per modificare il proprio aspetto e i propri genitali, ma questo non toglie niente alla loro identità di genere.

L’orientamento sessuale indica i generi per cui si prova attrazione. Le persone transgender, così come quelle cisgender, possono essere eterosessuali, omosessuali, bisessuali, asessuali ed altro.

Quando si parla di persone transgender, ci si riferisce al maschile o al femminile secondo il genere e non il sesso: ad esempio, una donna transgender è stata definita maschio alla nascita, ma ci si riferisce a lei al femminile.

Nel caso di persone di genere non binario la lingua italiana non offre molta scelta, quindi dipende dalla preferenza dell’individuo.

Un vero problema nasce, o può nascere, quando nell’età giovanile i documenti riportano un’identità che non è la propria. Ad esempio, estremizzando, se a 16 anni una ragazza,  dopo dosi e dosi di testosterone,  può presentarsi,  o meno,  a nuove persone con un nome maschile   provocando, o non provocando,   stupore.

I problemi per il ragazzo transgender nascono, in modo prioritario, con le visite mediche, tanto imbarazzanti che è meglio evitarle. Per questo motivo la metà dei giovani con una sessualità in trasformazione sceglie di stare alla larga dai camici bianchi anche quando ne ha bisogno. Con conseguenze non trascurabili per la salute fisica e mentale.

È quanto emerge da un’indagine svolta tra 923 ragazzi transgender canadesi tra i 14 e i 25 anni di età e pubblicata sulla rivista Family Practice.

Nelle testimonianze raccolte on line dai ricercatori della University of British Columbia c’è il racconto di esperienze poco piacevoli che hanno lasciato il segno. Nella maggior parte dei casi i giovani devono combattere contro lo scetticismo e le perplessità di dottori poco preparati per riuscire a ottenere la prescrizione della terapia ormonale necessaria al passaggio di genere. Succede soprattutto nelle strutture sanitarie denominate ‘walk-in clinic’, i centri di assistenza medica che non richiedono l’appuntamento per le visite, chi entra si mette in fila e aspetta. Spesso il medico di turno non ha mai avuto a che fare con transgender e non sa come comportarsi. Chi è stato visitato una volta, generalmente non torna.

E così il 68 per cento degli adolescenti (tra i 14 e i 18 anni) ha trascurato la propria salute mentale evitando appuntamenti con i dottori nei 12 mesi precedenti all’indagine.

Il 34 per cento ha evitato le visite mediche per problemi fisici anche in caso di effettiva necessità. Tra i ragazzi più grandi (19-25) la scelta di mantenersi a distanza dagli studi medici è ancora più diffusa: il 47 per cento ha evitato di incontrare psicologi o dottori, saltando anche l’appuntamento per i controlli periodici.

Qualcuno ha deciso di non rivolgersi al medico sperando che il problema di salute si risolvesse da solo, qualcun altro ha saltato le visite per ragioni economiche oppure per difficoltà di spostamento. Ma per molti ragazzi, le ragioni sono state altre: le precedenti esperienze negative hanno reso i giovani diffidenti nei confronti dei dottori e timorosi di quel che potrebbero dire o fare.

Molti ragazzi transgender   hanno avuto esperienze di disagio e di frustrazione negli incontri con i dottori, specialmente quando i medici non sono bene informati sulla salute dei transgender.

L’unico aspetto incoraggiante dello scenario è che quando i ragazzi hanno un buon rapporto con il loro medico di famiglia, tanto da poterlo contattare senza timori in caso di bisogno, ne guadagna la loro salute sia fisica che mentale.

Dall’indagine è emerso che i pazienti la cui identità transgender è conosciuta dai loro medici sono curati meglio rispetto ai ragazzi seguiti da dottori ignari del cambiamento.

I ragazzi transgender giovani corrono rischi maggiori di aver problemi di salute a causa dello stigma e della discriminazione. Così sapere che non accedono ai servizi sanitari anche quando ne hanno bisogno è motivo di preoccupazione in quanto  possono acuire quella nota come ‘disforia di genere’ che descrive chi non si riconosce nel loro genere di nascita.

Disforia è una parola greca, composta da dys– ‘male’ e phérein ‘sopportare’. L’espressione ‘disforia di genere’ si riferisce alla sofferenza che accompagna la condizione in cui l’individuo sente di appartenere,  in modo forte, continuativo e immodificabile, al sesso opposto a quello di nascita.

La disforia è affrontata terapeuticamente e risolta per mezzo di riassegnazione sessuale chirurgica e terapie ormonali.

E’ importante ricordare che  un atteggiamento coercitivo verso bambini, adolescenti,  e giovani,  da parte di genitori e insegnanti aggiunge disagio a disagio. Nei bambini e nelle bambine i sintomi sono molto evidenti. I più frequenti sono l’insistenza sul fatto di appartenere al genere opposto e una forte preferenza per il travestimento con abbigliamento tipico del genere opposto, una predilezione per i ruoli tipicamente legati al genere opposto nei giochi di fantasia e per i giocattoli, giochi o attività tipicamente utilizzati o praticati dal genere opposto. In alcuni casi può esserci una forte avversione per la propria anatomia sessuale e il forte desiderio di possedere le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere a cui si vorrebbe appartenere.

È importante specificare che solo nel 30% dei casi la disforia di genere che si presenta in età infantile permane anche dopo l’adolescenza.

Nell’adolescenza e nell’età adulta la disforia di genere si presenta di solito con un forte desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie e con un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto.

Un vissuto tipico è quello di sentirsi ‘stranieri nel proprio corpo’.  Il disagio, più che all’identità in sé e per sé, è spesso più legato al mancato riconoscimento da parte della famiglia o della società.

È una condizione sentita come necessaria e immodificabile che presenta problemi di accettazione sociale molto forti. Per questo è importante e utile che le persone avviate al percorso di riassegnazione sessuale siano seguite da équipe multidisciplinari in cui siano presenti medici, psicologi e psicoterapeuti.

Per cambiare questo atteggiamento bisogna informarsi ed essere aperte/i al dialogo, ma soprattutto rispettare gli spazi delle persone transgender e ascoltare quando parlano delle loro esperienze.

Naomi Sally Santangelo

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