Quota 100 può lasciare gli ospedali senza medici e senza infermieri

Medici di famiglia cercansi: studi pieni ma con pochi camici bianchi. La penuria, segnalata a più riprese dai sindacati di categoria, rischia di diventare esplosiva con l’avvio dei pensionamenti a quota 100. In proiezione temporale, ad  esempio, in Campania nei prossimi tre anni si conteranno 1200 unità in meno per arrivare 1619 nel 2022 solo nella medicina di base a fronte di pochi rimpiazzi ogni anno, soprattutto a Napoli e in provincia. «Si stanno creando le condizioni della messa in discussione dell’assistenza primaria per i cittadini a causa dei pensionamenti dei medici di Medicina generale che sfioreranno le 2000 unità nel 2022» avverte il segretario regionale dello Smi (Sindacato medici italiani) Luigi De Lucia.

 

Con la piena operatività della riforma dell’età pensionabile (la cosiddetta “quota 100”) usciranno dal mercato del lavoro anche  oltre 22 mila infermieri, mentre almeno 75.000 rientrerebbero nei parametri per accelerare il pensionamento.

È il dato elaborato dal Centro studi della Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) che apre un nuovo capitolo sulla tenuta del servizio sanitario: da qui a pochi mesi potrebbe crearsi un “buco” di personale infermieristico di dimensioni tali da bloccare l’assistenza sanitaria.

 «Chi esce dalla professione attiva per “Quota 100” deve essere subito rimpiazzato, al di là dell’economia e della politica», avverte la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli.  Il nostro allarme indicava già che seguendo il trend attuale di turn over e di fabbisogno di professionisti, si sarebbe raggiunta nel 2021 una carenza di quasi 64mila unità, oggi di 51-53mila infermieri.  Ma ora la situazione è in picchiata e i quasi 75mila infermieri che verrebbero a mancare – 22mila da subito – rappresentano un pericolo reale e immediato per assistenza, servizi e soprattutto pazienti: il sistema non funziona senza infermieri e con 76mila in meno è al collasso annunciato»

Il dato, per ora è teorico. È calcolato sulla base degli anni di anzianità lavorativa e dell’età anagrafica degli infermieri dipendenti del Ssn.

Tenendo conto di questi dati, “quota 100” da fine 2018 è stata teoricamente raggiunta da 75.000 infermieri, il 28% di quelli dipendenti dal Ssn e quindi si cumulano più anni di servizio, sia perché i blocchi del turn over ormai decennali hanno innalzato l’età della categoria che tra i dipendenti raggiunge una media di 53 anni, con punte fino a 55,9 in Campania, dove il blocco del turn over è più duro per ragioni economiche.

 La valutazione della Fnopi si basa sull’ipotesi che circa il 30% medio di chi possiede i requisiti scelga la pensione. Si tratterebbe, dunque, di 22.360 infermieri che potrebbero nei prossimi mesi abbandonare il servizio con un danno fortissimo per l’assistenza, aggiungendosi ai circa 11.500 che hanno raggiunto il limite di età per la pensione.

 In alcune Regioni, quelle più colpite dai piani di rientro e quindi dal blocco del turn over, il rapporto sale alle stelle: in Campania ad esempio, se con la carenza di oltre 50mila infermieri il rapporto era già 1:17, ora si rischia di sfiorare l’1:19-20. Inoltre, più del 36% delle nuove fuoriuscite dal sistema avverranno nelle Regioni in piano di rientro, già gravemente colpite dal blocco del turn over e il 61% delle nuove carenze è nelle Regioni che dal nuovo sistema di monitoraggio del Livelli essenziali di assistenza risultano inadempienti. Il combinato disposto tra l’attuazione di “Quota 100”, il mancato superamento del tetto di spesa per il personale sanitario e il blocco del turnover, rischia di essere la formula perfetta per “mandare in pensione” anche il Servizio sanitario pubblico  se non si adotteranno immediate e profonde contromisure a collassare sempre di più saranno i Livelli essenziali di assistenza già in forte difficoltà e si rafforzeranno le disuguaglianze. Aumenteranno le liste di attesa e le difficoltà di accesso alle cure da parte della popolazione soprattutto delle Regioni in Piano di rientro, aumenterà la conseguente necessità di ricorrere al privato magari utilizzando le risorse derivanti dal reddito di cittadinanza, per chi lo prenderà. Ora servono senso di responsabilità e azioni concrete per far fronte all’emorragia di personale che si realizzerà nel nostro Ssn.

Arianna Manzi

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