Quirinale unico asse a reggere il sistema

L’Italia ha un nemico interno: divisione nazionale aggravata dal Covid19 e dalle sue conseguenze disastrose economiche e sociali. Difronte a questa immane tragedia, lo spettacolo in questi giorni è stato a dir poco pietoso. Il governo di Maria Rosaria Rossi ex tesoriera di Forza Italia e di Alfonso Ciampolillo, ex grillino. Sarebbe un’ottima commedia all’italiana, un cinepanettone alla Boldi e De Sica se non fosse contornata da un dramma. C’è un partito, Italia Viva, che è uscito dalla maggioranza per la resa dei conti finale e uno scontro del tutto personale  tra il suo leader Matteo Renzi e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Poi c’è il Movimento 5 Stelle che ha vinto le elezioni nel 2018 subito contagiato dal trasformismo tanto deprecato da Grillo e i suoi proseliti, che assiste muto e inerte a quanto sta accadendo, attento solo ad evitare che il Paese vada alle urne anticipatamente. E’ diventato altresì una sorta di prateria dove tutti vanno scorazzare, alla ricerca del cavallo selvaggio da domare e portare nel proprio recinto. Poi c’è quello che è rimasto dell’UDC che è rimasto orfano del suo segretario, Lorenzo Cesa, in guai giudiziari. E che dire della Polverni e Nencini, non meritano commenti. E infine l’opposizione di centro-destra, che a parole si dice unita ma che nei fatti è divisa su tutto: la Meloni pronta a cavalcare ogni protesta, Forza Italia che vorrebbe appoggiare esternamente il governo e Matteo Salvini che ha smesso le vesti del suprematista-negazionista, per indossare quelle del ‘ Padre della Patria’. Come questo caos possa comporsi ed essere finalizzato ad un progetto serio per il Paese è arduo capirlo. In una sorta di angolo sembra confinato il Pd, preso tra una magra consolazione per la sconfitta di Renzi, se tale si può considerare ma a nostro modesto avviso non lo è, e il dover farsi carico di una situazione imbarazzante in cui diventa impossibile governare. Al di sopra di tutti c’è l’unico asse che regge un sistema ormai vicino ad una sonora deflagrazione, che è il Presidente della Repubblica, il vero punto di equilibrio e di sfogo di ogni tensione politica e sociale. L’unico asse alla base di una legislatura nata sotto il segno dell’emergenza e con un governo guidata da un trasformista a capo di forze trasformiste: i 5 stelle prima un governo con la Lega di Salvini, poi con il Pd e adesso alla ricerca dei responsabili/costruttori/trasformisti che non sono altro che l’altro volto di un populismo bieco e becero senza valori condivisi e visione per il Paese, poi il virus che rischia di far precipitare il Paese nel baratro , la necessità di realizzare in fretta il piano di riforme che l’UE ci richiede ed infine la crescita che non può essere scambiata con i ristori. Quello che si vorrebbe fare è un grande piano di spesa a debito e una spartizione di poltrone e il varo di un proporzionale che dovrebbe impedire ai cittadini di scegliersi un governo. Un salto all’indietro, un ritorno a quella che si chiama Prima Repubblica, con la differenza che allora calcavano la scena politica uomini che avevano un alto senso dello Stato e delle istituzione e una visione di Paese. Non si affidavano al ‘Grande Fratello’ tanto per intenderci. Tocca quindi ancora una volta al Capo dello Stato, come già è avvenuto in un passato recente, prendere in mano le redini del Paese ed evitare che il trasformismo e il populismo travolgano l’Italia. Illustri commentatori con gli coperti coperti dalla fretta dettata dall’ignoranza hanno commentato sulla fragilità del sistema democratico americano. A tal proposito mi sovviene Esopo che ci dice che l’uomo è solito scorgere nell’occhio dell’atro la pagliuzza, ma non vede nel proprio la trave. Il Presidente americano insediato da tre giorni ha già  firmato decine di provvedimenti aventi valenza interna e di carattere internazionale. Nel nostro Paese passiamo mesi, per non dire anni per emendare questo o quel decreto. La nostra è la filosofia dell’inefficienza e la liturgia dell’impotenza.

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