Putin e la risposta della Russia alle sanzioni

Le sanzioni imposte soprattutto da parte degli Stati Uniti e dai membri dell’Unione europea dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina “hanno colpito in un primo momento il mercato finanziario, anche se ora avranno un impatto più forte anche sull’economia del nostro Paese”. Sono le parole pronunciate nella mattinata di lunedì 18 aprile 2022 in un discorso tenuto alla Duma (il parlamento di Mosca) da parte della governatrice della Banca centrale russa, l’economista Elvira Nabiullina.

Secondo la sua analisi sullo stato di salute delle finanze del Cremlino e sulle prospettive per il futuro, “il periodo in cui l’economia potrà a continuare a vivere e prosperare grazie alle scorte è limitato nel tempo e non durerà per sempre“.

La governatrice ha sottolineato come l’istituto economico statale da lei presieduto “non proverà ad abbassare l’inflazione ad ogni costo”. Questo perché si rivelerebbe una scelta che andrebbe a “limitare l’adattamento dell’economia” in virtù della nuova situazione che sta vivendo la Russia, caratterizzata dalle sanzioni sempre più severe imposte dall’Occidente.

A stretto giro sono arrivate anche le parole di Vladimir Putin. Secondo quanto riferito dall’agenzia statale russa Tass che lo cita testualmente, il presidente russo avrebbe dichiarato che il “blitz economico” lanciato da Usa e Ue contro Mosca attraverso un sistema di provvedimenti sempre maggiori “è fallito in maniera evidente“.

Le stesse sanzioni – sostiene il capo del Cremlino – stanno già provocando “un declino negli standard di vita degli abitanti degli stessi Paesi europei, le cui istituzioni non si rendono conto del danno enorme che stanno causando alle proprie popolazioni”.

Il discorso di Putin sembra quindi contraddire – anche se solo in parte – quello pronunciato pochi minuti prima dalla governatrice Nabiullina davanti ai deputati russi della Duma.

Il presidente ha poi raccomandato di “accelerare” il passaggio dal dollaro al rublo nelle transazioni internazionali della Russia. La situazione economica, ha detto ancora, “si sta stabilizzando“, così come l’inflazione, con la valuta nazionale che starebbe ritornando ai livelli precedenti rispetto all’inizio della guerra in corso in Ucraina.

Aumentano sempre più i timori per le aziende italiane che operano in Russia. Stando a quanto filtra dal Cremlino, Vladimir Putin starebbe parlando col proprio governo di preparare una risposta adeguata alle sanzioni che hanno colpito la Russia e gli oligarchi russi a seguito dell’invasione dell’Ucraina. La volontà sarebbe di attuare una ritorsione economica contro i Paesi ‘ostili’, tra cui l’Italia. La ritorsione in questione potrebbe andare a toccare le aziende italiane presenti sul territorio russo: rischierebbero di essere espropriate.

Questa possibile risposta di Putin sarebbe dettata sia dall’intento di difendere gli oligarchi russi, suoi primi sostenitori, sia per usare le aziende occidentali come arma.

Il presidente russo vorrebbe sfruttare il fatto che tante aziende occidentali abbiano deciso di interrompere l’attività dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, e allo stesso tempo usarle come strumento di pressione sui propri governi per farle chiedere di allentare le sanzioni.

La sua idea sarebbe quella di indurre le aziende occidentali, nel caso insistano a tenere ferma la loro produzione: a vendere le loro proprietà in rubli; oppure ad affidarle a una amministrazione fiduciaria stabilita dal Cremlino.

Non sono poche le aziende italiane che operano in Russia. Le imprese iscritte a Confindustria infatti sono circa 500 e generano un fatturato pari a 7,5 miliardi di euro.

Tra le più note troviamo Ferrero, Barilla, Pirelli, Eni, Snam, Candy, De Eccher, Valvitalia, Saipem, Rizzani, Marr, Fondital e Danieli. Stando a Unimprese, sul territorio russo ci sarebbero circa 60 stabilimenti di aziende italiane tra settore industriale, agroalimentare e dei servizi. Non tutte però hanno fermato la produzione.

Tra le aziende occidentali più grandi in Russia, oltre alle italiane, troviamo anche chi non ha interrotto la sua produzione come le francesi Auchan, Renault e Leroy Merlin o le americane Koch Industries e Burger King.

Tutte queste aziende hanno fatturati milionari in Russia e migliaia di dipendenti.

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