Romano Prodi, da buon emiliano, ci tiene a dire la sua sul ‘tortellino accogliente’. E lo fa con un editoriale sul Messaggero dal titolo che è tutto un programma: “Libertà e integrazione nel ripieno dei tortellini”.
Scrive: “Non poteva quindi aprirsi un’occasione più ghiotta perché la politica si intromettesse subito nella guerra dei tortellini. Non solo Salvini ma tanti altri hanno reagito con rapidità e vigore degni di miglior causa”.
In pratica secondo Prodi questo dei tortellini sarebbe un trascurabile dettaglio supervalutato dalla propaganda sovranista. Infatti a suo avviso il tortellino di pollo sarebbe uno strumento che aiuta l’integrazione e come tale da applaudire.
Ecco cosa scrive Prodi: “Dobbiamo tuttavia a questo punto porci anche il problema di come fare avanzare il necessario processo di integrazione dei milioni di emigranti che sono ormai un elemento indispensabile per l’elementare funzionamento della nostra società”.
In pratica la sua tesi, che è la stessa di tutti i fautore dell’accoglienza senza se senza ma, è questa: senza i migranti la nostra società non può funzionare. E che volete che sia in cambio mutare la ricetta tradizionale del tortellino?
“Non si tratta – conclude – di rinunciare alla regolamentazione del fenomeno migratorio ma di tenere presente che non è di scarsa importanza il garantire agli italiani e agli stranieri la stessa libertà di scelta sul ripieno dei tortellini”.
E che in fondo gli immigrati, secondo lui, “mangiando con noi i tortellini, finiscono con il fare propria una parte della nostra tradizione”.
Sarebbe vero se li mangiassero come li mangiamo noi. Ma se cambiamo la ricetta per riguardo alla loro tradizione, la nostra tradizione che fine fa?