Presidente dell’Anm, stop a magistrati iscritti a partiti

“Penso che la categoria dei magistrati abbia il dovere di sentirsi un’eccellenza del nostro paese ma da capo dell’Anm non posso che registrare che la percezione negativa esiste ed è giusto farci i conti. Come si risolve? Come si riacquista credibilità? Rimanendo ancorati ai fatti. Rinunciando alle pretese di generalizzazione”. E’ quanto afferma al Foglio Eugenio Albamonte, neo presidente dell’Anm. “Non nego – aggiunge – che a volte ci sia un eccesso di sovraesposizione. Bisogna avere la capacità di scegliere le giuste sedi in cui un pm o un giudice può dare il suo contributo. Il magistrato non deve solo essere terzo ma deve anche apparire tale”.

“Ci sono modi e modi di fare politica – prosegue – C’è la possibilità di concorrere per le cariche elettive alla Camera e al Senato. E poi c’è la possibilità di concorrere alla politica locale. Sul secondo punto, sinceramente, vedo il rischio di una opacizzazione dell’immagine del magistrato: il fatto di avere a che fare con spese, bilanci, modifiche di piani regolatori può creare ambiguità e non capisco i magistrati che si candidano a fare i sindaci o i governatori di regione. Sul primo punto, invece, fissando i giusti paletti, credo non ci sia nulla di male”. “Il caso Emiliano – osserva poi – dice che a 25 anni da Tangentopoli un magistrato si candida a guidare il più grande partito d’Italia. Devo dire che questo è un fatto inedito, anomalo. E’ una cosa grave che crea un cortocircuito. Noi abbiamo una norma che prevede tassativamente il divieto di iscrizione di un magistrato a un partito politico e, a meno che un partito non preveda che il proprio leader sia un non iscritto, il divieto di iscrizione a partiti politici dovrebbe essere tassativo”.

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