“Alcuni giorni fa, nel decreto Infrastrutture, il Ministro Salvini ha proposto una deroga alle norme antimafia per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ci sentiamo più sicuri così? No, io non mi sento più sicuro. Io, devo dire, non mi sento sicuro con Salvini al Governo, questo sì, sono fortemente preoccupato, da questo punto di vista”, ha detto il deputato Avs Angelo Bonelli durante la seduta fiume in aula alla Camera sul decreto sicurezza. “Come facciamo a essere sicuri – si è chiesto Bonelli – quando il governo dovrebbe garantire ai cittadini sicurezza per esempio nell’evitare di favorire i mafiosi? Per esempio, io adesso voglio leggervi i nomi di alcune famiglie mafiose – clan ‘ndrine che non saranno contente, oggi, che io stia per leggere i loro i nomi in Aula – che hanno rilevato i terreni, hanno acquistato con la compravendita i terreni dove si realizzerà il ponte sullo Stretto di Messina. Ma la società Stretto di Messina, il Governo, il Ministero delle Infrastrutture lo sapevano, perché il documento sugli espropri l’hanno fatto loro. Sapevano che quelle famiglie avevano acquistato, però il Governo vuole derogare. È questa sicurezza? Ci sono gli eredi della famiglia del clan di Santo Sfameni, detto ‘il patriarca’, figura centrale nei rapporti tra mafia e ambienti istituzionali, già condannato per gravi reati e arrestato con l’accusa di essere uno dei promotori della mafia messinese. E poi c’è la famiglia che ha acquistato il casolare di Villafranca Tirrena che fu rifugio di latitanti e teatro di summit mafiosi, tra cui quello con Angelo Siino, noto come il Ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra e il boss Michelangelo Alfano. ‘Ndrine che vanno ad acquistare i terreni mentre c’è un Governo che chiede la deroga alle norme antimafia”.
La Cgil, da parte sua, ha ufficialmente chiesto alla Commissione europea, nella persona della ministra per l’Ambiente Jessika Roswall, di sospendere l’autorizzazione alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina per «non compromettere la salute umana, la mobilità a emissioni zero, la biodiversità delle zone interessate ai lavori».
Lo stupore che generano questi punti di vista riguarda altro: la costruzione del ponte darà lavoro, direttamente e indirettamente e per almeno otto anni, a circa centoventimila persone, oltre ad innescare un volano per l’economia stimato in 13 miliardi, cifra pari a mezza manovra finanziaria. Da un sindacato dei lavoratori ci si aspetterebbe l’inverso, non la tutela della quiete di gabbiani, aironi e pesci; non – nella lettera si fa cenno anche a questo – di cosa succederebbe se in caso di guerra il ponte venisse bombardato, ma una battaglia per strappare migliori condizioni economiche e di sicurezza al più alto numero possibile di addetti ai lavori.
La Cgil invece prova ad affossare lavoro ed economia, nonostante si definisca progressista senza esserlo mai stata. Negli anni ’60, il Pci e i suoi sindacati erano contro la costruzione dell’Autostrada del Sole «elemento di disorganizzazione di tante comunità locali arrecante alle collettività danni ingenti», come scrisse il quotidiano di partito l’Unità, che la bollò come troppo costosa e «frutto degli interessi capitalistici dell’industria dell’automobile foriera di incidenti stradali e ingorghi inutili».
Nel novembre del 1974 il Partito Comunista si oppose ottenendo un rinvio di quattro anni – all’arrivo in Italia della televisione a colori in quanto «la sua introduzione si muoverebbe in senso del tutto opposto alle esigenze del Paese e porterebbe ad ampliare il divario sociale».
Ora è il tempo del ponte sullo Stretto, opera innovativa che per l’occupazione sarebbe manna dal cielo e per l’Italia un salto nella modernità. Ma non per la Cgil…