Italian Finance Minister Pier Carlo Padoan attends a hearing by European Parliament Committee on Economic and Monetary Affairs in Brussels, Belgium, 27 January 2015. ANSA /STEPHANIE LECOCQ

Pensioni, lente di Bruxelles sull’Italia

La sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni entra nelle ‘raccomandazioni’ economiche all’Italia che la commissione europea sta preparando. La bozza, assieme alla nuova strategia per l’immigrazione, è oggi sul tavolo dei capi di gabinetto dell’esecutivo europeo. A quanto si apprende, Bruxelles tornerà a battere sulla necessità di ridurre il debito troppo elevato e di combattere la disoccupazione, pur apprezzando il piano di riforme presentato dal governo e dal Def, e ribadirà che l’Italia potrà usufruire della flessibilità, ovvero potrà fare una correzione strutturale dello 0,1 del Pil anziché dello 0,5. Fonti a conoscenza del dossier lasciano intuire che ci sarà un attento monitoraggio dell’evoluzione della situazione pensioni perché non è ancora chiaro di quale sarà l’impatto sui conti pubblici. Di fatto la commissione intende riconoscere, per ora, la ‘eleggibilità’ dell’Italia ad usufruire della flessibilità, ma il costo della sentenza sulle pensioni determinerà i passi futuri.    Bruxelles si prepara ad applicare lo stesso criterio politico adottato con il rapporto sul debito che la commissione deve preparare per tutti i paesi che sforano il parametro del 60% nel rapporto tra debito e Pil violando la ‘regola del debito’. Le ‘raccomandazioni’ non imporranno nuove manovre e ricalcheranno la valutazione fatta a marzo, quando per l’Talia, Francia, Belgio e Croazia si decise di non attivare procedure di infrazione. Per questo sul deficit non si giocherà ed anche gli altri indicatori dei conti, a partire dal debito, in calo dall’anno prossimo, non saranno rimessi in discussione. Tradotto in cifre, questo significa però che le risorse per la copertura dell’operazione indicizzazione dovranno essere trovate almeno in parte altrove. Al massimo potrà essere sfruttato il tesoretto da 1,6 miliardi, già previsto proprio nel quadro programmatico. Ma per il resto si dovrà guardare ad altre forme di copertura. Come più volte ribadito da Pier Carlo Padoan, il governo tenterà comunque di minimizzare al massimo l’impatto sui conti pubblici che dovrebbe essere di molto inferiore anche alle ipotesi finora circolate di 4-5 miliardi. Per questo l’indicizzazione non sarà per tutti e non sarà per tutti uguale. Il decreto per la rivalutazione delle pensioni, che arriverà probabilmente venerdì sul tavolo del consiglio dei ministri, conterrà infatti gli adeguamenti per il passato, ma anche rimodulazioni per il futuro, a quanto pare al ribasso, delle soglie stabilite dal governo Letta nella legge di stabilità 2014. Basandosi sui criteri di progressività e temporaneità messi a fuoco dai giudici, il testo sarà ispirato alla gradualità sia negli arretrati che nei trattamenti a venire. L’obiettivo sarà quello di modulare l’indicizzazione all’inflazione per fasce di reddito pensionistico. Gli assegni più bassi saranno tutelati, probabilmente con la fissazione per la rivalutazione al 100% di un’asticella più alta di quella pari a 3 volte il minimo. Gli assegni più alti rientreranno invece in un decalage progressivo, che arriverà,   si ipotizza, all’esclusione totale delle pensioni più cospicue, sulle quali la Corte non avrebbe nulla da eccepire nel caso di eventuali ricorsi futuri. L’idea potrebbe quindi essere quella di rivedere al ribasso anche il meccanismo Letta che ad oggi assicura un adeguamento al 95% per i trattamenti tra 1.500 e 2.000 euro, al 75% tra i 2.000 e i 2.500, al 50% tra i 2.500 e i 3.000 euro e al 45% oltre i 3.000 euro, sei volte il minimo.

Cocis

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