Pensione, al via la Quota 100. Ma Quanto si perde? Ecco l’ammontare dell’assegno Inps

Andare in pensione prima non comporta soltanto vantaggi: l’assegno pensionistico, difatti, si basa anche sui versamenti effettuati, per cui meno contributi sono accreditati, più è bassa la rendita. Questa considerazione vale per tutte le pensioni, salvo casi molto particolari (in cui il trattamento è calcolato soprattutto sulla base degli ultimi redditi, nell’ipotesi che questi calino parecchio al termine della vita lavorativa): in pratica, a prescindere dalla tipologia di trattamento prescelta (pensione anticipata, pensione di vecchiaia, etc.), più tardi si esce dal lavoro, più è alta la pensione. Per quanto riguarda la nuova pensione quota 100, a questa penalizzazione “standard” dovrebbe aggiungersi l’ulteriore penalizzazione prevista dal ricalcolo contributivo o misto del trattamento. Secondo molte delle attuali proposte sulla quota 100, difatti, si vorrebbe applicare un calcolo della pensione basato sui contributi, e non sugli ultimi stipendi e redditi, per ridurre l’impatto sui conti pubblici che sarà causato dall’aumento dei pensionamenti.

Quindi, con la quota 100, quanto si perde?

Non esiste una risposta unica a questa domanda: in primo luogo, perché ancora non si ha la certezza dell’applicazione del ricalcolo della pensione, né si sa se sarà applicato il ricalcolo contributivo o misto. In secondo luogo, la perdita causata dal sistema di calcolo contributivo non è uguale per tutti, ma dipende dalla carriera personale. Cerchiamo quindi, dopo aver brevemente ricordato come funziona la quota 100, di capire a quanto potrebbero aumentare le penalizzazioni col ricalcolo della pensione.

Come funziona la quota 100?

La quota 100 è una pensione che si può ottenere quando la quota, cioè la somma di età ed anni di contributi, è almeno pari a 100.

Quando l’età o le annualità di contribuzione non corrispondono a una cifra esatta, per calcolare la quota i mesi devono essere trasformati in decimi:

  • ad esempio, se il lavoratore ha raggiunto 63 anni e 6 mesi di età, ai fini del calcolo della quota dovrà indicare 63,5;
  • potrà ottenere la pensione quota 100 se possiede almeno 36 anni e 6 mesi di contributi (perché 100-63,5= 36,5, ossia 36 anni e 6 mesi).

La pensione anticipata quota 100 è, allo stato attuale, una semplice proposta, e non è stata dunque definita un’età minima, né un minimo di annualità di contribuzione richiesto: la maggior parte delle ipotesi effettuate sinora parla però di un’età minima di 62 anni, quindi di una contribuzione minima pari a 38 anni. In buona sostanza, anche se si raggiunge la quota 100, non ci si potrà pensionare se l’età non sarà almeno pari a 62 anni

Altre proposte invece fissano l’età minima a 64 anni e la contribuzione minima a 36 anni. Si tratta comunque di proposte, e bisognerà verificare, a questo proposito, che cosa si stabilirà nella legge di bilancio 2019.

Ad ogni modo, perché la quota 100 sia sostenibile, dovrebbe essere previsto il ricalcolo contributivo, o almeno il ricalcolo misto, della pensione.

Quali sono i sistemi di calcolo della pensione?

Bisogna innanzitutto sapere che il metodo di calcolo della pensione non è unico, ma dipende dall’anzianità contributiva e dalla gestione di appartenenza. Presso la generalità dei fondi facenti capo all’Inps, il sistema di calcolo è:

  • retributivo sino al 31 dicembre 2011, poi contributivo (in base a quanto stabilito dalla legge Fornero [1]), per chi possiede oltre 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (in questi casi si parla di calcolo misto);
  • integralmente contributivo per chi non possiede contributi alla data del 31 dicembre 1995, o per chi, pur possedendoli, opta per il calcolo contributivo (si devono possedere particolari requisiti per aderire all’opzione contributiva, che solitamente non è, comunque, conveniente), o effettua la totalizzazione dei contributi posseduti in casse diverse, o si pensiona con l’opzione donna.

I sistemi di calcolo sono invece differenti per gli iscritti alle casse dei liberi professionisti; anche all’interno delle varie gestioni Inps, ad ogni modo, le modalità di determinazione della pensione possono cambiare, specie per quanto riguarda le quote calcolate col metodo retributivo.

In particolari casi, ad esempio per gli aventi diritto alla pensione d’inabilità, sono applicate delle maggiorazioni nel calcolo della pensione; in altri casi, come per chi richiede l’anticipo pensionistico Ape, sono invece applicate delle penalizzazioni.

Come funziona il calcolo retributivo della pensione?

Il calcolo retributivo della pensione si si basa sugli ultimi stipendi o redditipercepiti ed è diviso in due quote:

  • la quota A, che per la generalità dei dipendenti del settore privato iscritti all’Inps si basa sugli ultimi 5 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane di contributi possedute al 31 dicembre1992; Per i dipendenti pubblici statali si basa sulle voci fisse e continuative dell’ultimo stipendio moltiplicate per 12, per i dipendenti degli enti locali, iscritti alle ex casse di previdenza amministrate dal tesoro (Cpdel, Cps, Cpi e Cpug), la retribuzione pensionabile è costituita dalle voci dell’ultimo stipendio che hanno caratteristiche di fissità e continuità moltiplicate per 13 mensilità;
  • la quota B, che si basa sugli ultimi 10 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane possedute al 31 dicembre 2011.

Il calcolo è differente, oltreché per i dipendenti pubblici, per gli iscritti alla gestione dei lavoratori dello sport e dello spettacolo, e per diverse altre categorie.

Come funziona il calcolo contributivo della pensione?

Per quanto riguarda il calcolo contributivo della pensione, sono coinvolti i periodi:

  • a partire dal 1° gennaio 1996, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (cioè ai contribuenti che applicano il metodo misto);
  • a partire dal 1° gennaio 2012, per chi possiede più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (cioè a chi era soggetto al solo calcolo retributivo);
  • a partire dal versamento del 1° contributo, per chi non ha anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.

È calcolata col contributivo tutta la contribuzione posseduta, invece, per chi si avvale dell’opzione Donna, dell’opzione contributiva, del computo nella gestione Separata o della totalizzazione dei contributi; il ricalcolo contributivo dovrebbe essere poi applicato a chi si avvale della quota 100.

Il calcolo contributivo non si basa sugli ultimi stipendi o retribuzioni percepite come il sistema retributivo, ma sui contributi effettivamente versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati e trasformati in rendita da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile.

Anche il calcolo contributivo si divide in due quote:

  • la quota A, sino al 31 dicembre 1995;
  • la quota B, dal 1° gennaio 1996 in poi.

Per ricavare l’assegno di pensione corrispondente alla Quota B, bisogna innanzitutto:

  • accantonare, per ogni anno, il 33% della retribuzione lorda corrisposta dal 1996 (il 33% è l’aliquota valida per la generalità dei lavoratori dipendenti), oppure l’aliquota contributiva prevista dall’Inps per le altre categorie di lavoratori;
  • rivalutare i contributi accantonati ogni anno, in base alla media mobile quinquennale della crescita della ricchezza nazionale, ovvero all’incremento del Pil nominale, che comprende anche il tasso di inflazione che si registra anno per anno;
  • sommare i contributi rivalutati, ottenendo così il montante contributivo;
  • moltiplicare il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, una cifra espressa in percentuale che varia in base all’età, ottenendo così la quota B di pensione.
  • Come funziona il ricalcolo contributivo?

Per determinare la Quota A della pensione (cioè la quota sino al 31 dicembre 1995, che nella generalità dei casi è calcolata col sistema retributivo), in caso di opzione per il sistema contributivo, computo nella gestione Separata, totalizzazione o ricalcolo contributivo quota 100, il procedimento è piuttosto complicato, e cambia a seconda della gestione previdenziale di appartenenza.

Il complesso meccanismo dovrebbe risultare più semplice spiegato in questo modo (il procedimento esposto può essere applicato alla generalità dei dipendenti del settore privato; ci sono delle piccole differenze per i dipendenti pubblici):

  • si prendono le 10 retribuzioni annue precedenti il 1996 (o le retribuzioni 1993-1995 per i dipendenti pubblici);
  • si applica l’aliquota contributiva pensionistica riferita all’epoca del versamento (quella del 1995, ad esempio, era pari al 27,12% per la generalità dei dipendenti);
  • si rivalutano i contributi così ottenuti, sulla base della media quinquennale del Pil nominale;
  • si ricava una media annua di contribuzione (capitalizzata) dividendo il totale della somma complessivamente accantonata per 10 (o per 3, per i dipendenti pubblici);
  • si moltiplica il risultato ottenuto per il numero complessivo degli anni di anzianità, valutati però ponderandoli con il rapporto tra l’aliquota contributiva vigente in ciascun anno e la media delle aliquote contributive vigenti nei 10 (o 3) anni precedenti quello in cui viene esercitata l’opzione;
  • si ottiene, così, il montante contributivo della quota A, che deve essere moltiplicato per il coefficiente di trasformazione per trasformarsi in quota A di pensione.

Si possono, in alternativa, sommare i due montanti contributivi, della Quota A e della Quota B, per giungere al montante contributivo totale, che viene poi trasformato in rendita dal coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età pensionabile.

Come funziona il calcolo misto?

Il calcolo misto della pensione è un sistema di calcolo intermedio tra il retributivo e il contributivo. È applicato a chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, e potrebbe essere applicato, al posto del ricalcolo contributivo, a chi richiede la quota 100.

Il calcolo misto, nella generalità delle gestioni Inps, funziona in questo modo:

  • si applica il calcolo retributivo Quota A per le annualità sino al 31 dicembre 1992;
  • si applica il calcolo retributivo Quota B per le annualità dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 1995;
  • si applica il calcolo contributivo dal 1996.
  • Quanto si perde col ricalcolo contributivo?

Facciamo ora un esempio pratico di calcolo per capire qual è la perdita, nel caso in cui alla quota 100 sia applicato il calcolo contributivo.

Ipotizziamo che Mario, con un montante contributivo, già rivalutato, pari a 350mila euro, si pensioni con la quota 100 a 62 anni nel 2019, utilizzando il calcolo integralmente contributivo.

Per calcolare la pensione contributiva di un lavoratore che si pensiona a 62 anni, dobbiamo applicare 4,79% (coefficiente operativo dal 2019 per chi si pensiona a 62 anni) al montante contributivo: dobbiamo dunque moltiplicare 350.000 per 4,79%, ed otteniamo 16.765;

dividendo per 13 l’importo annuale, si giunge all’assegno mensile: la pensione lorda è dunque pari a 1.289,62 euro.

Facciamo ora un confronto col calcolo retributivo veloce (rendimento 2% annuo), ipotizzando che la retribuzione pensionabile mensile di Mario ammonti a 2mila euro e che gli anni di contributi posseduti siano 38: col calcolo retributivo, la pensione di Mario ammonterebbe a (2000 x 38 x 2%) 1.520 euro mensili, con una perdita del 15%.

In questo caso è stata prospettata una retribuzione costante nell’arco della vita lavorativa. Se si ipotizza, però, una crescita delle retribuzioni nell’ultimo decennio di carriera, come accade in gran parte delle situazioni, quindi una retribuzione media pensionabile pari a 2300 euro, il divario tra calcolo retributivo e contributivo sale di parecchio: otterremmo infatti una pensione mensile pari a 1748 euro (2300 x 38 x 2%), contro una pensione contributiva pari a 1289,62 euro, con una perdita del 26,22%.

Un caso molto più raro, ma possibile, è quello del crollo delle retribuzioni negli ultimi anni di carriera. Ipotizzando una retribuzione media pensionabile pari a 1600 euro, ad esempio, otterremmo una pensione retributiva pari a 1.216 euro mensili (2300 x 38 x 2%), più bassa della pensione contributiva.

È dunque indispensabile valutare volta per volta la convenienza della scelta.

Quanto si perde col ricalcolo misto?

Nel caso in cui la quota 100 sia calcolata col sistema misto, la perdita è minore, in quanto il calcolo retributivo si applica comunque, anche se per un periodo più breve. Anche in queste ipotesi, è comunque necessario valutare caso per caso, a seconda della retribuzione pensionabile e del montante contributivo posseduti.

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