Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (s) e della Regione Lazio Nicola Zingaretti all'Altare della Patria durante le celebrazioni del Giorno dell'Unita' nazionale e della Giornata delle Forze armate. 4 novembre 2016, ANSA/GIUSEPPE LAMI

Pd tra Renzi e Zingaretti

Matteo Salvini ha intenzione di riunire la destra in vista delle future elezioni, come aveva anticipato ieri a Catania  e ha raccontato in un’intervista al Giornale: “Le vecchie classificazioni non mi appassionano”. Il vicepremier vuole andare “oltre il vecchio centrodestra”.

“Nelle prossime ore vedrò Berlusconi e la Meloni alla luce del sole” spiega il leader della Lega. “Parleremo sia di elezioni regionali sia di elezioni politiche: proporrò un patto, l’Italia del sì contro l’Italia del no”.

La coalizione pensata da Salvini è ampia: “Io non escludo nessuno, questo non è il momento di escludere ma di includere il più possibile. Penso anche ai governatori e ai tanti grillini positivi che abbiamo conosciuto. Non tutti i Cinque stelle sono come Fico o Di Battista“. Nel suo piano, però, non c’è posto per “chi è disponibile ad andare anche con Renzi, chi mi ha insultato per mesi. Per il resto stendiamo un programma e presentiamoci uniti agli elettori”.

In merito all’ipotesi di un governo Pd-M5s in Parlamento per evitare le elezioni, Salvini si esprime così: “Facciano una roba simile e vediamo chi viene messo all’angolo nelle tante elezioni regionali che stanno per arrivare, dall’Umbria alla Calabria, dalla Toscana all’Emilia-Romagna. Andrebbero tutti a schiantarsi sull’altare di Renzi”, afferma Salvini. “Sa perché nasce questo ipotetico asse Pd-Cinque Stelle? Per salvare il culo a Matteo Renzi”. E’ “la sua mossa della disperazione, se si va a votare dubito che rientri in Parlamento”.

“Mattarella non è Scalfaro“, che dette l’incarico a Lamberto Dini mettendo da parte Silvio Berlusconi, spiega Matteo Salvini. “E poi non siamo più nel ’94. Il Paese è profondamente cambiato, la gente ha preso coscienza, sarebbe la prima a opporsi a un simile tradimento della democrazia”.

Allo stesso tempo già si contano le truppe, nel Pd. La linea ufficiale del segretario Nicola Zingaretti resta quella del voto e anche tra i renziani la proposta di Matteo Renzi per un governo di transizione con il M5s viene liquidata da qualcuno come “poco più che fantascienza”. Ma dal segretario in giù, tutti si appellano alla guida di Sergio Mattarella. Il che vuol dire, traducono, non chiudere la via a una soluzione alternativa alla corsa al voto in autunno. Su questo gli organismi dirigenti del Pd potrebbero essere chiamati presto a decidere, su questo partono già le conte e i riposizionamenti di corrente. L’idea di Renzi di un governo di transizione per andare al voto nel 2020, per il quale ci sarebbero stati contatti tra renziani ed esponenti di FI, non trova sostegno netto fuori dall’ala renziana e turbo-renziana, mentre raccoglie anche qualche malumore tra i militanti più affezionati al “#senzadime”. Ma se si guarda allo schema più ampio di un tentativo di costruire su un programma definito una maggioranza che freni la corsa delle destre e faccia alcune cose che servono al Paese, a partire da una legge di bilancio salva-conti, i consensi sembrano ampi nel partito. C’è l’apertura di Dario Franceschini, di Graziano Delrio, il sì di Matteo Orfini (purché si concordi un programma che includa anche temi come la cancellazione dei decreti sicurezza di Salvini) ma anche di zingarettiani come Roberto Morassut, che dice no alla soluzione “asfittica e mortale” per il Pd di un “governo istituzionale”, ma apre a un “governo istituzionale vero di risanamento e riforme non a tempo”.

E’ una formula cui potrebbe aprire anche Zingaretti, che dice invece no a un governo di scopo. Il segretario sembra già guardare alle urne quando chiama alla “battaglia” un mondo ampio che va dai sindaci di centrosinistra ad altri partiti e iniziative civiche: si può trovare insieme il candidato premier giusto – è il messaggio, per battere Salvini. Ma ora il discorso si è spostato su un possibile governo istituzionale con M5s.

Il ritorno alle urne si deciderà nella giornata di oggi. In Senato, infatti, si inizierà a calendizzare la crisi e di conseguenza la mozione di sfiducia al premier Conte. Da capire se sarà messa prima del taglio dei parlamentari (fortemente voluta dal M5s) e della mozione di sfiducia al ministro dell’Interno (presentata dal PD). E in base a questo calendario si muoverà anche la Camera.

Arianna Manzi

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