Pd: Renzi in direzione sfida opposizione Dem su Italicum

Nervi tesi nel Pd in vista della direzione di oggi pomeriggio alle 16 sull’Italicum. Una riunione convocata dal premier Matteo Renzi per blindare la riforma alla quale ha voluto imprimere una forte accelerazione per arrivare all’ok prima delle regionali, evitando un nuovo passaggio al Senato dove i numeri sono sempre in bilico. Il testo torna in Aula a Montecitorio il 27 aprile. La minoranza chiede interventi in particolare sul premio di maggioranza perché lo vorrebbe alla coalizione e non alla lista e sui capilista bloccati. Un sistema,   accusano, che di fatto non fa superare il nodo del Porcellum, ovvero, quello dei parlamentari nominati. Ma l’opposizione Pd si presenta a ranghi sparsi. Pippo Civati fa un appello a non partecipare al voto di oggi e fare un unico intervento. E chiama gli altri esponenti dell’opposizione dem e in una lettera a Rosy Bindi, Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Francesco Boccia e Stefano Fassina propone di non partecipare al voto di oggi in una direzione trasformata in plebiscito e aut aut, e di fare le proposte in Aula su Italicum e riforma costituzionale. Propone, quindi,   di fare oggi un unico intervento che li rappresenti: “Facciamo un unico intervento che ci rappresenti e definiamo una volta per tutte il campo di chi è in minoranza, perché le ambiguità di questi mesi non hanno fatto altro che creare confusione. Una minoranza che non si preoccupi delle sigle e dei posizionamenti, ma dei contenuti e della qualità della nostra democrazia. Non interessata ai posti, ma al pluralismo e alle garanzie”. Alfredo D’Attorre, bersaniano, fa invece sapere di voler partecipare alla discussione e di avere pronti un pacchetto di emendamenti per poche e mirate modifiche al testo: “Parteciperemo alla discussione, il timore è che possa risolversi nella solita esibizione muscolare ad uso streaming e in una conta. L’unico risultato sarebbe di spostare il vero confronto in Parlamento”. Il metodo da utilizzare è indire un tavolo di lavoro con tutti i soggetti impegnati sul tema, per definire un ristretto pacchetto di modifiche. Dopodiché ci si impegna, con tutto il Pd unito, a fare in modo che la legge elettorale che esce dalla Camera non venga più toccata al Senato, e la riforma costituzionale non subisca più nessuna ulteriore modifica nel suo iter. Non faccio parte della direzione del partito ma mi sento impegnata in Parlamento a modificare una legge elettorale che presenta ancora limiti molto forti, afferma Rosy Bindi: “Auspico perciò che in Direzione si faccia un confronto vero e approfondito sui diversi nodi ancora aperti e non l’ennesima conta per una ratifica di scelte che non producono le riforme istituzionali di cui ha bisogno il Paese e la nostra democrazia. Le riforme servono ma vanno fatte bene pensando al futuro e non alle convenienze del presente”. Gli uni contro gli altri armati, renziani e esponenti della minoranza Pd, si preparano a darsi battaglia nella riunione della direzione nazionale chiamata a decidere sull’Italicum. L’esito è scontato perché Renzi ha una vastissima maggioranza ma la minoranza insiste nel chiedere profonde modifiche alla legge elettorale. Gli uomini di Renzi chiudono a ogni proposta di cambiamento. La loro parola d’ordine è che il tempo delle mediazioni è finito, ora bisogna arrivare al sì definitivo. La minoranza Pd sa bene di non avere i numeri per bloccare la marcia dell’Italicum in direzione e per questo è pronta a spostare la battaglia alla Camera, dove la sua presenza è più consistente. Andremo avanti sulla strada del cambiamento, sintetizza il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che aggiunge: “Il Pd ha una grande responsabilità perché rappresenta il 41% degli italiani ed è l’unico partito in grado di cambiare il Paese”. La legge ha avuto già un lungo iter parlamentare, nel corso del quale sono state accolte alcune delle richiesta della minoranza,in particolare sulle soglie di sbarramento e sulla parità di genere. Dunque “game over”, ribadiscono i renziani perchè è arrivato il momento di decidere. L’unico spiraglio per una ricomposizione in extremis della frattura che sta dividendo il Pd è nella probabile convocazione, dopo Pasqua, di una riunione dei gruppi parlamentari che potrebbe diventare quella la sede per evitare che la crepa diventi una voragine e che la minoranza Pd voti in aula contro le indicazioni del partito.

 

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