Pd, Orlando si candida al congresso

Come è noto Matteo Renzi ha  trasformato la direzione di un partito che ha avviato la pratica congressuale in un momento assolutamente irrilevante nella sua esistenza di capo uscente e, possibilmente, rientrante, fornisce la misura della sua sensibilità democratica. L’Italia non è stata guarita  dai suoi 1015 giorni a palazzo Chigi, come dimostra l’invito di Bruxelles rivolto al ministro Piercarlo Padoan a quadrare i conti, incrinati  dal suo governo. Non essendo più al governo, potrebbe anche cominciare a relazionarsi con la realtà del ‘suo’ mondo politico. Dagli Usa invia perle di saggezza: ‘Chi vuole cambiare paese discuta su popoli e populisti’.

In contemporanea il ministro Andrea Orlando si candida a segretario del Pd: ‘Ho deciso di candidarmi perché credo e non mi rassegno al fatto che la politica debba diventare solo prepotenza. Ho deciso di farlo  perché credo che ci voglia responsabilità e credo che il Pd debba cambiare profondamente per poter essere utile davvero all’Italia e ai problemi degli italiani, che in questo momento stanno vivendo momenti difficili.  Cinquanta sfumature di rosso? Dobbiamo avere 50 sfumature di Pd non di rosso. Dentro il Pd  ci deve essere anche il rosso, ma noi dobbiamo rifare il Pd che abbiamo sognato dieci anni fa e dobbiamo lavorare per evitare che la politica diventi soltanto risse, conflitti e scontri tra personalità, ma torni a essere una grande e bella occasione di vivere insieme e lavorare per la trasformazione dell’Italia’.

Intanto la prossima settimana un’assemblea potrebbe nominare il coordinamento del nuovo soggetto politico della sinistra. Poi a marzo si dovrebbe svolgere un evento pubblico nazionale. Il ‘cantiere’ dei bersaniani lavora infatti a pieno ritmo per dare da subito un segnale e indicare il percorso sia a quanti sui territori sono tentati dall’uscita dal Pd, sia al pezzo di sinistra, da Pisapia a Vendola, che dall’esterno osserva dove porterà la scissione.

Ma la scelta non è facile, tanto che all’indomani dello strappo dal Pd, tra i deputati si registrano dubbi e ripensamenti: Andrea Giorgis, che era accreditato come possibile capogruppo, decide per ora di restare nel Pd. Alla fine, sussurrano i Dem, non saranno più di 15 ad andare via. Solo propaganda, ostentano tranquillità i bersaniani: ‘Adesioni oltre le aspettative’, dice Nico Stumpo.

Tra le fila del nuovo soggetto che mira a ‘riaggregare il centrosinistra non-renziano’ con un’ispirazione ulivista da sinistra di governo, ci sarà Vasco Errani.  Ma da subito, soprattutto al Senato, la dialettica tra Pd e sinistra minaccia di farsi accesa: su temi come scuola e voucher i bersaniani, che con la loro pattuglia compatta di 12 senatori saranno determinanti per la maggioranza, annunciano battaglia. E, liberi dal vincolo di appartenenza al Pd, saranno con la Cgil nella campagna referendaria.

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