Parto cesareo e allattamento al seno

L’allattamento al seno fa bene ai bambini ma anche alle mamme. In particolare a quelle che hanno subito un taglio cesareo e che non riescono a liberarsi dei dolori dell’operazione. Secondo uno studio spagnolo condotto presso l’ Hospital Universitario Nuestra Señora de Valme a Siviglia le donne che allattano al seno i neonati per almeno due mesi dopo il parto soffrono meno: le probabilità di avere dolori cronici persistenti a mesi di distanza dal cesareo si riducono di tre volte rispetto alle mamme che non allattano o che interrompono l’allattamento prima di due mesi.

La ricerca che ha rivelato l’effetto analgesico dell’allattamento si è basata sull’osservazione di 185 donne che hanno affrontato un parto cesareo nell’ospedale spagnolo tra gennaio 2015 e dicembre 2016. Alle neo mamme è state chiesto di quantificare il dolore addominale in tre diversi momenti: dopo 24 ore dall’intervento chirurgico, dopo 72 ore e dopo quattro mesi. I ricercatori hanno anche raccolto informazioni sul modo in cui venivano nutriti i bambini. E, combinando i dati, hanno scopertole proprietà antidolorifiche dell’allattamento al seno.

 Il 23 per cento delle mamme che hanno allattato i figli per due mesi o meno dichiara di continuare ad avere dolori post-operatori anche 4 mesi dopo l’intervento. Nel caso delle donne che hanno allattato al seno per più di due mesi questa percentuale scende all’8 per cento.

È un dato che gli esperti di salute pubblica non possono ignorare, visto che in molti paesi, come Regno Unito, Usa e Canada, il parto cesareo riguarda un quarto delle nascite. In Italia il ricorso al bisturi nei reparti di maternità è ancora più frequente: secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, nel 2015  il 34,1 per cento dei bambini è nato con parto cesareo. Una donna su cinque continua ad aver dolori per oltre tre mesi dall’operazione.

Questi risultati preliminari – dichiara Carmen Alicia Vargas Berenjeno  a capo dello studio,   suggeriscono che allattare per più di due mesi protegge dal  dolore cronico post-cesareo in misura tre volte superiore rispetto a chi interrompe l’allattamento prima dei due mesi.

La frequenza del taglio cesareo nei paesi industrializzati ha da anni un andamento in ascesa. In Italia il ricorso al taglio cesareo è in continuo aumento e presenta a livello europeo la più alta percentuale di cesarei, seguita dal Portogallo con il 33%, mentre negli altri paesi si registrano valori inferiori al 30% che scendono al 15% in Olanda e al 14% in Slovenia.

Si rileva inoltre una spiccata variabilità  su base interregionale, con valori tendenzialmente più bassi nell’Italia settentrionale e più alti nel meridione: si va dal 23% nella Provincia autonoma di Trento e in Friuli-Venezia Giulia al 62% in Campania. Il parto è un evento naturale, ma vi è sempre più la tendenza a trasformarlo in un intervento chirurgico. In molti casi, oggi, specie in Italia, le donne partoriscono con il taglio cesareo senza un reale motivo di salute. Il ricorso al taglio cesareo può essere richiesto da indicazioni materne, fetali e degli annessi ovulari.

Non ci sono prove che il taglio cesareo, in assenza di situazioni cliniche che ne giustifichino l’esecuzione, sia più sicuro per la salute della mamma e del neonato rispetto al parto vaginale. Occorre infatti ricordare che il taglio cesareo è un intervento chirurgico e solo in caso di appropriata indicazione medica è in grado di garantire benefici superiori ai potenziali rischi che inevitabilmente comporta.

Naomi Sally Santangelo

 

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