‘Pareggite’ Inzaghi, quel che Berlusconi non vuole

Più di un passo indietro per il Milan e per il suo tecnico. L’effetto Inzaghi che si era visto nelle prime due vittorie spettacolo con Lazio e Parma, è andato scemando. È stato promosso dalla Primavera, sponsorizzato da Galliani, legato affettivamente con un rapporto personale al presidente Berlusconi e in pochi giorni è riuscito a riportare l’entusiasmo nella Milano rossonera. Ma dopo il ko con la Juventus qualcosa si è bloccato. Il campione che ha regalato a suon di gol scudetti e Champions deve fare i conti con la dura legge del calcio e dei numeri. Perché quando si tolgono gli scarpini e ci si siede su una delle panchine più importanti della Serie A, contano solo i punti. E se la sconfitta con la Juventus poteva essere accettata, valutando il bicchiere mezzo pieno dopo l’1-0 frutto di una magia della coppia Pogba-Tevez, i due pari con Empoli e Cesena sono il sentore di un problema profondo. Perdere con la prima della classe è preventivabile. Lasciare quattro punti sul campo contro due neopromosse, no. Inzaghi deve invertire la tendenza e prendere in mano lo spogliatoio e guarire dalla sindrome del pari. Difendere i propri giocatori dalle critiche porta sì ad una serenità di ambiente che con Seedorf era venuta a mancare, ma la ricerca ostentata dell’alibi potrebbe ottenere il risultato opposto. Il sesto posto in classifica al Milan non può bastare. Anche perché, sulla carta, i tre impegni con Empoli, Cesena e Chievo avrebbero dovuto garantire 9 punti: un bottino pieno per ripartire verso le grandi ambizioni imposte dalla società. Il club vuole l’Europa, quella che conta. Ma a questo ritmo difficilmente a fine stagione il Diavolo conquisterà un gradino del podio di Serie A.

 

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