Napoli. Tra le tante efficaci e meritorie iniziative a favore dell’ambiente, promosse costantemente negli anni, oggi, giovedì 3 luglio, il dinamico Staff al completo del meraviglioso Parco Sommerso Protetto di Gaiola, invita e sollecita i prenotati in data odierna con regolare diritto di accesso, a celebrare la “Giornata Internazionale contro i sacchetti di plastica”. Si tratta di un’iniziativa speciale ideata e realizzata per promuovere la sostenibilità e la tutela del nostro mare: un autentico tesoro da proteggere e soprattutto da amare. In occasione di questa giornata, chi parteciperà alla visita guidata via terra, con audioguida, riceverà in omaggio una bag sostenibile con il logo del Parco Sommerso di Gaiola. È un piccolo ma significativo gesto per dire addio alla plastica monouso e camminare insieme verso un futuro più pulito.
L’invito rivolto alla cittadinanza è quello di venire a scoprire le meraviglie del Parco – previa prenotazione obbligatoria a numero chiuso, da effettuarsi sul sito del Parco – e così portare con sé a casa, oltre a un bellissimo ricordo di un’esperienza energizzante a contatto con la natura, anche un simpatico ricordo utile, riutilizzabile e sicuramente amico dell’ambiente. 3 luglio 2025 Visita guidata via terra con audioguida Bag sostenibile in omaggio Il parco sommerso di Gaiola è aperto dal martedì alla domenica dal 1 aprile al 30 settembre dalle ore 10 alle 16, mentre dal 1 ottobre al 31 marzo sempre dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle 14. Resta sempre chiuso il lunedì. L’accesso è gratuito, ma è indispensabile prenotare ed esibire un documento d’identità all’ingresso, con limitazione di disponibilità. Si pagano esclusivamente le attività che si scelgono eventualmente.
Affascinanti sono sia la storia che le leggende riferite a questo sito. L’isola della Gaiola – un mini arcipelago formato da due isolotti e un grosso scoglio – a poche bracciate dalla riva, si presenta affascinante nella decadenza della villa che ospita. Il nome di quest’isolotto, da alcuni scritti di Giulio Cesare Capaccio, teologo, storico e poeta italiano del Regno di Napoli, risulta essere stato infatti, emerge che inizialmente “Euplea”, riferendosi ad “Afrodite Euploia” ovvero Venere, patrona della navigazione, di cui l’isola sembra ospitasse un antico tempio. Tante sciagure e catastrofi hanno gravato su chi ha abitato la villa adagiata sul piccolo promontorio. “Gaiola” è un termine della lingua napoletana che indica la “gabbia”: “cajola“. Alcuni esperti indicano questa spiegazione, visto che alcuni resti e ruderi presenti sull’isola fanno pensare ad una specie di gabbia. Altri sostengono che ci sia attinenza con il fatto che, in età medievale, il termine Gajola indicasse un’isoletta piatta. Era usato quale comune termine geografico. Si ipotizza che in origine fosse il naturale prolungamento del promontorio che si trova di fronte e che la separazione sia avvenuta artificialmente, voluta dal il militare e politico romano Lucullo che, tra i suoi vari possedimenti, aveva anche delle magnifiche ville a Napoli dove tra l’altro morì. Tali lussuosissime ville erano dotate pure di laghetti pieni di pesci e di moli che si protendevano sul mare. In tali luoghi egli dava favolose feste e pantagruelici banchetti: da qui il modo di dire “pasti luculliani” in riferimento appunto agli antichi abbondanti pranzi che riservava ai potenti ospiti. La Gaiola nel 17’ secolo sarebbe stato secondo le ricostruzioni un agglomerato di fabbriche romane. Due secoli dopo rivestì invece un preciso ruolo nella difesa del golfo di Napoli. Nel 19’ secolo risultava proprietà dell’archeologo Guglielmo Bechi, che l’aveva acquistata nel 1820, unitamente a parte del promontorio, ma di fatto era abitata da un tale eremita detto “ Lo Stregone”, che viveva dell’elemosina dei pescatori locali. Negli anni ’20 del Novecento, c’era in funzione una teleferica che la collegava alla terraferma. Si parla di tante maledizioni riferite alla Gaiola. Quella principale sarebbe incominciata ai tempi di Publio Vedio Pollione, che morì poco più su, nella stupenda villa imperiale che fece costruire nell’attuale zona del Parco Archeologico del Pausilypon. Era infatti sua abitudine fare gettare schiavi vivi in una vasca d’allevamento scavata nel tufo, per nutrire le murene. Tra gli spasmi, migliaia di schiavi hanno maledetto lui e il luogo. Virgilio, poi, sembra praticasse incantesimi nella sua scuola, i cui resti sono visibili sulla costa di Posillipo. Questi avrebbero contaminato i luoghi e le acque circostanti. Le leggende di maledizioni e sciagure si accavallano, fino a giungere agli ultimi due secoli. In molti hanno aspirato a possederla e godere della posizione privilegiata e di bellezza unica. Nel 1874 l’isola venne venduta a Luigi de Negri, che fece erigere la villa ancora oggi dominante. Ebbene, egli finì in bancarotta per fallimento. La villa fu rimessa in vendita e acquistata da un nuovo proprietario, detto il Marchese del Tufo, che sfruttò la zona per una cava di pozzolana, arrecando purtroppo notevoli danni ai resti archeologici presenti. La dimora unica nel suo genere, ha sempre attirato molti uomini facoltosi. Molte celebrità l’hanno desiderata, visitata, comprata, abitata. Tra essi, il celebre scrittore Norman Douglas e la famiglia del senatore Paratore che visse prudentemente sulla terraferma, ma si dice abbia assistito ad una lunga serie di naufragi all’interno della baia. Tra l’altro, nel 1911 tra le secche della Gaiola si arenò addirittura l’incrociatore San Giorgio, pilotato dal marchese Gaspare Albenga. È proprio durante gli anni ’20 lo svizzero Hans Braun fu trovato morto, con il cranio trapassato da un proiettile, e avvolto in un tappeto. Non solo! La moglie annegò poco dopo, utilizzando la teleferica: fu il cavo a cedere. Si narra che il suo spirito sia presente in quelle acque e possa attirare verso il fondo i malcapitati che in essi s’imbattono. Divenne proprietario il tedesco Otto Grunback, che risulta morto d’infarto giusto mentre soggiornava nella villa! Continuando con le sventure, il chimico e scrittore Maurice-Yves Sandoz là perse la ragione e finì suicida in un manicomio in Svizzera: si era convinto di essere finito in bancarotta anche se non era vero. Fu poi la volta del barone Paul Karl Langheim, industriale tedesco dell’acciaio, che fallì a causa della sua vita dissoluta tra feste sfrenate ed efebi. Continuiamo con le morti di tutti gli appartenenti della famiglia di Gianni Agnelli e incluso il figlio Edoardo, che guarda caso fu il successivo proprietario, senza tralasciare la vita tormentata del nipote di Jean Paul Getty, rapito dalla ‘Ndrangheta e restituito alla famiglia, in VI dizioni fisiche e soprattutto psicologiche drammatiche, dopo l’amputazione feroce di un orecchio (dietro riscatto da 17 milioni di dollari)
In ordine di tempo, successivo proprietario fu Gianpasquale Grappone, rimasto coinvolto e condannato al carcere, nel 1978, nel fallimento gigantesco della sua solida e invidiata società di assicurazioni Lloyd Centauro. L’isola fu messa all’adta ma non fu formulata alcuna offerta: tale assenza fu condizionata dal fatto lugubre che il giorno seguente, la moglie del proprietario, Pasqualina Ortomeno, morì tragicamente in un incidente d’auto. L’intero sito da allora è diventato proprietà della Regione Campania. Ma la maledizione non si è fermata! La magnifica residenza appartenente a privati, presente all’interno del parco – Tenuta Ambrosio – non fa eccezione in fatto di tragedie inenarrabili. Nel 2009, proprio tra quelle mura Francesco Ambrosio, 77 anni, e sua moglie Giovanna Sacco, furono ritrovati uccidi brutalmente, praticamente massacrati da una banda di balordi. Un assassinio feroce per impossessarsi di 50mila euro. Ambrosio, notissimo imprenditore della Campania, soprannominato “il re del grano” fu coinvolto in gravi procedimenti giudiziari, finendo in carcere per ben 4 volte, oltre che nei racconti dei pentiti di camorra. Figlio di contadini, ave a costruito da solo una posizione solidissima, grazie alle sue ottime intuizioni, nel mondo dell’import-export di cereali. Il suo impero era potente. Eppure finì condannato tra l’altro ci dannato a 9 anni di carcere per bancarotta fraudolenta. In tanti sostennero che la Gaiola aveva cambiato il suo destino in tragedia. La sua fidata segretaria storica morì dilaniata dall’esplosione della bomba dinamitarda posizionata nei pressi del circolo americano, nel centro di Napoli, il 15 aprile del 1988. Casualità? Chissà?! I dubbi di un sinistro presagio restano leciti. Sembra inoltre che il senatore Paratore, spostando una tela anti-umidità, avesse trovato uno strano affresco raffigurante una testa, nella villa jellata: una Gorgone dalle fattezze terrificanti. Si spaventò tanto da decidere di farla murare. Il nipote aveva scattato una fotografia che rimase a testimonianza del temibile reperto: esaminata da un esperto, l’immagine fu classificata come la raffigurazione di una Gorgone del secondo o terzo secolo d.C. La sequela di disgrazie incredibili secondo alcuni superstiziosi sarebbe da imputare a quell’incauto ricoprimento. La Gorgone in età romana, veniva posta a protezione nelle case del tempo. Quindi mai avrebbe dovuto essere rinnegato il suo simbolo. Di qui, si dice, lil rafforzamento della maledizione che si è abbattuta sull’isola. Nel parco archeologico circostante, isono state ritrovate pure delle pareti affrescate in maniera conforme a quella figura della Gorgone, come se quel particolare simbolo fosse stato sottratto al sito originario e collocato là proprio a protezione. Superstizione, prudenza? Fatto sta che nei tempi recenti la Gaiola anche se frequentata dai bagnanti che nuotano lì dalla mattina al tramonto, appena comincia a dileguarsi il sole e fino all’alba, resta cautamente deserta, già da prima che io sito fosse regolamentato e soggetto a orari e permessi. Soprintendenza e Regione sembra siano interessate a recuperare da tempo lo scheletro della villa per dare vita ad un Centro Studi Interdisciplinare e ad una sorta di laboratorio di ricerca scientifica.
Teresa Lucianelli