Papa Francesco tra matrimoni gay e ‘vera famiglia’

Ritorniamo ai progetti di legge sul matrimonio omosessuale e sul ‘Catechismo della Chiesa Cattolica’, spesso richiamata da Papa Francesco. Alle persone in quanto persone, comprese quelle omosessuali, si applica l’evangelico ‘Non giudicate per non essere giudicati’ (Mt 7,1), che non è certo un’invenzione di Papa Francesco. Lo stesso Gesù che invita a non giudicare, di fronte a chi si macchia di peccati che scandalizzano anche i bambini, esclama: ‘È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli’ (Lc 17, 1). Gesù non è in contraddizione con se stesso, non lo è la Chiesa, e non lo è Papa Francesco, quando da una parte invita a non giudicare le persone omosessuali come persone e dall’altra richiama al Catechismo, il quale insegna che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e in nessun caso possono essere approvati o fondare riconoscimenti giuridici. Nello stesso ‘Catechismo’, che al n. 2358 ammonisce che le persone omosessuali devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Ma c’è anche, al contrario, l’essenza stessa dell’annuncio cristiano, che da una parte applica il ‘Non giudicate’ del Vangelo alle persone in quanto tali, dall’altra giudica gli atti e le loro conseguenze sociali. La Chiesa accoglie con compassione e delicatezza la donna che ha abortito, ma condanna l’aborto. Accoglie nella comunità i divorziati risposati, ma condanna il divorzio. È la gloria e la grandezza, ma anche il carattere esigente e difficile, del cristianesimo. La necessità che ai bambini sia riconosciuto il diritto ad avere un padre e una madre, necessari per la loro crescita ed educazione sostenendo che non si può considerare uguale quello che è diverso, e che in una convivenza sociale è necessario accettare le differenze. L’essenza dell’essere umano tende all’unione dell’uomo e della donna come realizzazione reciproca, come attenzione e cura, come cammino naturale verso la procreazione. Questo conferisce al matrimonio la sua elevatezza sociale e il suo carattere pubblico. Il matrimonio precede lo Stato ed è la base della famiglia, che è cellula della società precedente a ogni legislazione. Da questo deriva che l’approvazione del progetto di legge in discussione significherebbe un reale e grave regresso antropologico. Il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare. In un’epoca in cui si insiste tanto sulla ricchezza del pluralismo e della diversità culturale e sociale è davvero contraddittorio minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre e una madre non sono la stessa cosa. Non possiamo insegnare alle future generazioni che è la stessa cosa prepararsi a un progetto di famiglia assumendo l’impegno di una relazione stabile tra uomo e donna e convivere con una persona dello stesso sesso. Non deve capitare di lasciare da parte il diritto prioritario dei bambini a fruire di modelli di padre e di madre, ad avere un papà e una mamma. Il pensiero dell’attuale Pontefice è quello della Chiesa e del ‘Catechismo’. Da una parte, non si vuole giudicare quanti pensano e sentono in modo diverso. Dall’altra, si manifesta il diritto e il dovere dei cattolici, e dei cittadini, di giudicare gli atti e non sostenere e insegnare che l’unione stabile dell’uomo e della donna è la stessa cosa rispetto allo stare insieme di due persone dello stesso sesso. Papa Francesco insegna uno stile mansueto nell’evitare di usare toni volgari e nel non giudicare le persone in quanto tali, fermo però nel difendere una verità in cui è in gioco l’essenziale della questione antropologica. È lo stile della battaglia per dire sì alla famiglia.

Cocis

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