Papa Francesco, il Pontefice di strada, della misericordia, non c’è più. Se ne è andato oggi, 21 aprile alle 7,35, a 88 anni dopo aver lottato tantissimo con mille difficoltà fisiche, per lo più acciacchi dovuti all’età, ma anche infezioni cicliche che lo colpivano ai polmoni, infiammazione alle articolazioni.
Negli ultimi tempi non camminava più, si era rassegnato alla carrozzella e ad essere continuamente aiutato persino per le cose quotidiane eppure continuava a ripetere ironico che «si governa con la testa e non con le ginocchia». Di dimettersi non ci ha mai pensato e quella frase la ripeteva ai cardinali che lo andavano a trovare giusto per scoraggiare la fronda interna e l’inevitabile movimento per la sua successione.
Amato e osteggiato come non mai, ha sempre agito col suo stile “latino” all’insegna di grandi temi: difesa del Creato, fratellanza, riforma della curia, rinnovamento del collegio cardinalizio, cambiamento degli episcopati. Ha privilegiato pastori aperturisti e di strada, non accademici o conservatori e nemmeno vescovi favorevoli alla messa in latino.
Jorge Mario Bergoglio, è stato il primo pontefice sudamericano, arrivato dalla fine del mondo, come si era presentato lui stesso al mondo nel marzo 2013 dopo essere stato eletto e le dimissioni choc di Benedetto XVI.
Sin dall’inizio del suo regno Francesco si è guadagnato livelli altissimi di popolarità e simpatia persino tra i settori più agnostici della società, anche se questo non ha fronteggiato di certo il costante calo dei fedeli in Occidente e il fenomeno delle chiese vuote. Eppure il suo stile immediato, attento alle piccole cose e alle persone, specialmente le più semplici, faceva breccia. E’ stato allergico ai protocolli e alle formalità, ha portato in curia uno stile destrutturato, cercando di avvicinare maggiormente le istituzioni alle persone. «Io apro i processi, non li chiudo». Tuttavia i problemi sotto la sua guida non son mancati, perchè se da una parte ha smosso folle in delirio al suo passaggio soprattutto in Asia e in Africa, in Occidente, soprattutto negli Stati Uniti, si sono coalizzati potenti inner cicle cattolici di stampo conservatore mal disposti nei suoi confronti poiché ritenuto non rigoroso nel difendere il Magistero e la continuità.
Certe sue aperture, per esempio, ai divorziati risposati oppure a benedire le coppie gay hanno causato degli smottamenti interni enormi. A questo si sono aggiunte le riforme della curia, novità spesso rivelatesi un po’ sgangherate che hanno finito per sbilanciare l’apparato gestionale e gli equilibri istituzionali di una realtà come la Santa Sede (da non confondersi con lo stato pontificio).
Sotto il pontificato di Francesco le lacerazioni interne non sono mancate e sono sfociate persino in uno scisma (quello prodotto da monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Usa, super conservatore). Francesco è stato criticato per come ha gestito tanti casi di cardinali e vescovi amici: l’ex cardinale McCarrick, il vescovo Argentino Zanchetta, condannato per abusi, il gesuita abusatore Rupnik.
La scelta del nome e la strada del pontificato
Già la scelta del nome, Francesco, aveva dato un’indicazione sul suo pontificato, tanto che, come egli stesso ebbe modo di spiegare in Aula Paolo VI tre giorni dopo la fumata bianca, Francesco, era maturato da un suggerimento del cardinale di San Paolo, Claudio Hummes, che lo aveva esortato a “non dimenticare i poveri!” “San Francesco d’Assisi è per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato” disse. Da qui, il suo profondo desiderio di “una Chiesa povera, e per i poveri”.
Le immagini iconiche
Del suo lungo pontificato restano alcune bellissime immagini iconiche. L’abbraccio affettuoso con l’Imam di Al Azhar, suo “fratello” Al Tayyeb, mentre firmavano ad Abu Dhabi nel 2019 la storica intesa di fratellanza universale tra islam e cristianesimo. La preghiera silenziosa durante il lockdown a San Pietro. Il Papa solo sotto la pioggia davanti al crocifisso di San Marcello al Corso che nel 1522 salvò Roma dalla peste. L’apertura in carrozzella della porta Santa a San Pietro la notte di Natale del 2024. E i momenti in cui andava a trovare Papa Ratzinger al monastero Mater Ecclesiae: otto anni di convivenza complicata tra due papi che hanno però cercato di offrire al mondo un esempio di collaborazione e sostegno comune.
Il tutto a dispetto delle voci malevole, dei semi di zizzania sparsi dentro e fuori il Vaticano da una fazione “ratzingeriana” (dunque reazionaria) contro una altrettanto fazione “bergogliana” (certamente progressista).
Alla scomparsa di Ratzinger Bergoglio ha voluto mettere alcune cose in chiaro sostenendo che la morte di Benedetto XVI era stata strumentalizzata. «Per me è stato come avere il nonno saggio in casa», ha detto più volte. «Ho sentito che alcuni sono andati lì a lamentarsi da lui perché ‘Questo nuovo Papa…’. Ma lui li ha cacciati via. Con il migliore stile bavarese, educato, ma li ha cacciati via. ‘C’è un solo Papa’, gli ha risposto».