Pope Francis delivers his speech during his weekly general audience in St. Peter's Square at the Vatican, 26 October 2016. ANSA/ANGELO CARCONI

Papa Francesco e il populismo

Il  messaggio  chiaro sul populismo viene da  papa Francesco: ‘Il populismo, la rincorsa più che dei sentimenti dei risentimenti popolari,  fatti lievitare attraverso un’abile e mistificatoria propaganda, porta direttamente ai totalitarismi, alla ricerca dell’uomo forte, all’illusione che vi sia qualcuno che con un colpo di bacchetta magica,  e con la rinuncia da parte nostra ai diritti di libertà, di democrazia, possa rimettere le cose a posto. Si cerca  l’uomo forte, l’uomo della Provvidenza’.  L’analisi del Papa è chiara e sintetica: ‘Vedremo che cosa succede. Spaventarsi o rallegrarsi ora sarebbe una grande imprudenza, sarebbe essere profeti di calamità o di benessere, che potranno non verificarsi. Vedremo che cosa farà, e lo valuteremo, vedendo se la medicina usata per curare il male sia decisamente peggiore del male’, afferma riferendosi a Trump. Il mito dell’uomo forte affascina i populisti, tanto quelli dichiaratamente di destra,   quanto quelli che si nascondono all’interno di una formazione che si dichiara al di sopra di destra e sinistra, senza però scoprire nuovi valori ideali ma semplicemente annullando quelli vecchi e tradizionali.  Beppe Grillo in una intervista al ‘Journal du dimanche’ ha sostenuto che la politica internazionale ha bisogno di uomini forti, cioè di gente come Trump e Putin, da lui gratificato con la qualifica di grande stratega internazionale: ‘È quello che dice le cose più sensate in politica estera’.  Dice  Papa Francesco: ‘Per me l’esempio più tipico del populismo, nel senso europeo, è il ’33 tedesco. La Germania distrutta cerca di alzarsi, cerca la sua identità, cerca un leader che gliela restituisca e c’è un giovane che si chiama Hitler e dice ‘io posso’. E tutta la Germania vota Hitler. È stato votato dal suo popolo, e poi lo ha distrutto. Questo è il pericolo. In tempi di crisi non funziona la ragione, cerchiamo un salvatore che ci restituisca l’identità e ci difendiamo con i muri’.  Roberto Saviano mettendo a confronto le manifestazioni che hanno accompagnato l’insediamento di Donald Trump, da  quella ufficiale alla marcia delle donne,   giunge alla conclusione che per quanto caratterizzata da messaggi vecchi, quella che ha consegnato le chiavi della Casa Bianca all’inquilino appena eletto rappresenta il nuovo. Al contrario, quella delle donne e degli uomini che hanno manifestato contro di lui in difesa dei valori tradizionali della democrazia avevano un sapore vecchio perché articolate su una logica  politica stile anni Settanta. Per  Saviano Trump usa un linguaggio che mette a frutto le tendenze legate a  alcuni vecchi media e  la seriale totalità dei new media,  giungendo alla conclusione che il neo-presidente sia in linea con il nuovo che si agita nella società perché usa il linguaggio tipico dei social. La sua analisi è meno convincente di quella fatta da Papa Francesco che nell’intervista concessa a ‘El Pais’, in cui afferma  che non è il nuovo contro il vecchio, ma la paura del futuro che mette a riposo la ragione e che cerca soluzioni facili attraverso i muri e il protezionismo. Il protezionismo  che viene  considerato uno strumento per combattere le povertà nazionali,   idea completamente infondata ma che appare convincente in quanto la globalizzazione senza regole non ha soddisfatto le attese propagandate per motivi di cassetta, sia economica che elettorale,  dalla destra neo-liberista e iper-liberista che ha occupato il potere a partire dagli anni Ottanta. Sarebbe molto bello se il confronto fosse effettivamente tra vecchio e nuovo,  ma  in realtà il tutto si accompagna ai momenti di paura  che trovano conforto in messaggi semplici,   perché quella semplicità li rassicura e li mette nella condizione di ritenere che sia sufficiente uno schiocco di dita, l’individuazione di un responsabile da dare in pasto alla piazza,  e l’investimento su un uomo forte che sembra restituirci certezze esistenziali. Il confronto non è tra vecchio e nuovo, ma tra la complessità dei problemi e delle soluzioni,  dove il semplicismo strumentale facendo leva sui risentimenti mobilita il peggio delle nostre  pulsioni.

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