Pope Francis reviews the honor guard as he arrives at Sarajevo' presidential palace, Bosnia, 06 June, 2015. ANSA/LUCA ZENNARO

Papa Francesco a Sarajevo. ‘Mai più guerra’

Pace. Mai più guerra. Salvaguardia dei diritti fondamentali della persona umana. Sono questi alcuni dei tasti toccati da Papa Francesco durante la messa allo stadio Kosovo di Sarajevo, Bosnia, davanti a 65 mila persone. Una città considerata la Gerusalemme d’Europa, per la molteplice presenza di culture e religioni diverse, dove il papa è venuto come “pellegrino di pace e di dialogo”. Ed è una visita, la sua, che avviene 18 anni dopo quella di Papa Giovanni Paolo II. “La guerra – spiega il pontefice – significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa soprattutto tante vite spezzate”. “Voi lo sapete bene, per averlo sperimentato proprio qui – ha aggiunto poi – quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore”. Bisogna quindi rimboccarsi le maniche per fare e sostenere la pace perché “è un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi” e ricorda le parole di Gesù nel Vangelo: ‘Beati gli operatori di pace’. “E’ un appello sempre attuale, che vale per ogni generazione – ha proseguito -. Non dice ‘Beati i predicatori di pace’: tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No, dice: ‘Beati gli operatori di pace’, cioè coloro che la fanno”. Messaggi forti che arrivano in un momento delicato, all’indomani delle minacce dello Stato islamico ai Balcani. E a tal proposito, il Papa ha detto che oggi “c’è chi vuole creare” un clima di guerra “e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”. “Non una giustizia declamata, teorizzata, pianificata – ha aggiunto – ma la giustizia praticata, vissuta”.
“I responsabili politici – ha aggiunto Francesco – sono chiamati al nobile compito di essere i primi servitori delle loro comunità con un’azione che salvaguardi in primo luogo i diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca quello alla libertà religiosa. In tal modo sarà possibile costruire, con concretezza d’impegno, una società più pacifica e giusta, avviando a soluzione, con l’aiuto di ogni componente, i molteplici problemi della vita quotidiana del popolo”. Affinché ciò avvenga, prosegue, serve l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti la legge “qualunque sia la loro appartenenza etnica, religiosa e geografica: così tutti indistintamente si sentiranno pienamente partecipi della vita pubblica e, godendo dei medesimi diritti, potranno attivamente dare il loro specifico contributo al bene comune”. Il Papa è poi tornato a parlare della multietnicità di “questa terra” dove esistono relazioni “cordiali e fraterne” tra musulmani, ebrei e cristiani. Delle relazioni importanti che “testimoniano al mondo intero che la collaborazione tra varie etnie e religioni in vista del bene comune è possibile – prosegue papa Bergoglio – che un pluralismo di culture e tradizioni può sussistere e dare vita soluzioni originali ed efficaci dei problemi, che anche le ferite più profonde possono essere sanate da un percorso che purifichi la memoria e dia speranza per l’avvenire”. In questo senso, i bimbi incontrati “tutti insieme, gioiosi”, sono la “scommessa” per il futuro.

Alessandro Moschini

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