Pantani incastrato dalla camorra non vinse il ‘Giro d’Italia’ del ‘99

Un’intercettazione telefonica di un detenuto vicino alla camorra e ad ambienti legati alle scommesse clandestine riaccende il caso di Marco Pantani,   campione di ciclismo trovato morto in un residence a Rimini il 14 febbraio 2004. L’uomo intercettato è lo stesso che, secondo Renato Vallanzasca, confidò in prigione al criminale milanese quale sarebbe stato l’esito del Giro d’Italia del ’99, dove Pantani non avrebbe finito la corsa. Dopo le dichiarazioni di Vallanzasca, e grazie al lavoro della procura di Forlì e di quella di Napoli, l’uomo è stato identificato e interrogato e subito dopo ha telefonato a un parente. Telefonata che la procura ha intercettato e che ‘Premium Sport’ ha diffuso in esclusiva. Questi alcuni passaggi della telefonata intercettata: Uomo: ‘Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni’. Parente: ‘Una dichiarazione…’. Uomo: ‘Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto che che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, che non arriva alla fine. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a ‘isso. Praticamente la camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma’. Parente: ‘Ma è vera questa cosa?’. Uomo: ‘Sì, sì, sì… sì, sì’. Finalmente qualcuno è riuscito a fare un buon lavoro, è stato il commento di Tonina Pantani, mamma del campione, ai microfoni di Premium Sport: ‘Devo ringraziare i ragazzi di Forlì, che ci hanno messo un grande impegno. Non mi ridanno Marco, logicamente, ma pensi gli ridiano la dignità, anche se per me non l’ha mai persa.  Le parole di questa intercettazione fanno male, è una conferma di quello che ha sempre detto Marco, cioè che l’avevano fregato. Io mio figlio lo conoscevo molto bene. Marco, se non era a posto quella mattina, faceva come tutti gli altri. Si sarebbe preso quei quindici giorni a casa e poi sarebbe rientrato, calmo. Però non l’ha mai accettato, non l’ha mai accettato perché non era vero. Una ‘cimice’ nell’abitazione di un camorrista, le indagini della polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Forlì, guidata dal procuratore Sergio Sottani, con le intercettazioni ambientali e finalmente i riscontri, nomi e cognomi, che svelano, secondo la ricostruzione degli inquirenti, quanto avvenne la mattina del 5 giugno 1999 nell’hotel Touring di Madonna di Campiglio, alla vigilia della penultima tappa con Gavia, Mortirolo e arrivo all’Aprica. Le provette cambiate, come detto prima, si riferiscono al controllo del livello di ematocrito di Marco Pantani in maglia rosa. L’esclusione del ‘Pirata’ dal Giro d’Italia per ematocrito alto, 51,9% contro il 50% consentito allora dalle norme dell’Uci, la federciclismo mondiale. L’inizio della fine sportiva e umana dello scalatore di Cesenatico. L’ipotesi che segue il pm di Forlì si unisce al lavoro di indagine della Procura di Forlì, che il 16 ottobre 2014 riaprì l’inchiesta sull’esclusione di Pantani da Campiglio con l’ipotesi di reato ‘associazione per delinquere finalizzata a frode e truffa sportiva’. Indagine già svolta nel 1999 a Trento dal pm Giardina, e archiviata. Scommesse contro Pantani, scommesse miliardarie (in lire) che la camorra non poteva perdere. Da qui il piano di alterare il controllo del sangue. Uno dei più grandi misteri dello sport mondiale ha trovato una verità, almeno parziale, a distanza di 17 anni. E i legali della famiglia Pantani stanno lavorando per capire se possano esserci spiragli per qualche azione in campo civile e sportivo.

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