Russian President Vladimir Putin, left, welcomes Turkish President Recep Tayyip Erdogan in the Konstantin palace outside St.Petersburg, Russia, on Tuesday, Aug. 9, 2016. President Erdogan travels to Russia to meet with President Putin for the first time since apologizing in late June for the downing of a Russian fighter jet along the Syrian border in November last year. (ANSA/AP Photo/Alexander Zemlianichenko) [CopyrightNotice: Copyright 2016 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistribu]

Pace fatta tra Russia e Turchia. Rilanciato il gasdotto Turkish Stream

‘Sono stato uno dei primi a telefonarle per esprimere il mio sostegno dopo il tentativo di colpo di Stato. Lo voglio ribadire perchè è una posizione di principio, noi siamo contrari a ogni stravolgimento illegale dell’ordine costituzionale’, apre così,  a San Pietroburgo,  Vladimir Putin l’apertura dei colloqui con l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan. Spero,  ha aggiunto,  che sotto la sua guida la Turchia risolva i problemi attuali. La sua visita avviene nonostante la difficile situazione politica in Turchia e dimostra che tutti noi vogliamo riprendere il dialogo e normalizzare le relazioni nell’interesse dei popoli turco e russo. Oggi avremo l’opportunità di parlare a fondo dei nostri rapporti bilaterali, inclusa la ripresa dei nostri rapporti commerciali ed economici, e la cooperazione nella lotta al terrorismo. In realtà  questa rinnovata alleanza Erdogan-Putin forgiata a San Pietroburgo non è un rapporto tra pari,  e non solo per le differenti dimensioni tra due ex Imperi che per secoli si sono fatti la guerra. Ancora prima del fallito golpe del 15 luglio il leader turco aveva dovuto riallacciare le relazioni con Mosca e Israele riconoscendo di essere stato sconfitto sul campo di battaglia della Siria,  dove la Russia e l’Iran sono riusciti a tenere in sella Assad. Il Cremlino, sfruttando la crisi tra Ankara e l’Occidente, gli tende la mano proponendo qualche soluzione più o meno onorevole che né gli Usa,  e tanto meno l’Europa,  gli hanno saputo offrire, pur avendo 24 basi Nato nel Paese, armi nucleari comprese, e lanciato una coalizione per una guerra al Califfato.  Insieme all’Iran e agli Hezbollah libanesi, Putin è il vincitore di un conflitto iniziato con le rivolte arabe nel 2011 e trasformatosi rapidamente in una tragica guerra per procura mentre Erdogan, che voleva essere il portabandiera del fronte sunnita con i finanziamenti sauditi e del Qatar ai jihadisti, ora rischia di vedere l’embrione di uno stato curdo ai suoi confini. La Turchia non ha rinunciato a reclamare l’uscita di scena di Assad,  ma se accetta lo stato di fatto la Russia può concedere ad Ankara una zona cuscinetto per mettere sotto controllo i curdi siriani,  alleati di quelli del Kurdistan turco in un fronte irredentista che aggiunge un’altra ipoteca a un Medio Oriente di stati falliti e in disgregazione. La Russia ha sospeso la richiesta di vedere una rappresentanza dei curdi siriani, strenui combattenti anti-Isis, ai colloqui dell’Onu. Adesso tocca a Erdogan mettere il freno ai ‘suoi’ jihadisti nella battaglia di Aleppo,  e intorno a Latakia e Tartous,  dove ci sono le basi russe. Questa è la posta di San Pietroburgo dove si è parlato di soluzioni per la pace ma forse si è preparato anche il terreno a qualche nuovo conflitto mediorientale. Erdogan lotta per sopravvivere e rimediare gli effetti di una storica sconfitta, Putin per uscire dall’isolamento, manovrare un carta anti-Nato,  e mettere sotto pressione l’Occidente che lo tiene sotto sanzioni. Ecco perché si è ricostituita la strana coppia di due uomini soli al comando che possono trovare accordi, e cambiare alleanze,  in pochi giorni dopo avere litigato per mesi ed essersi insultati. Per capire a breve se questa tra Putin ed Erdogan sarà una vera alleanza o una manovra tattica, in cui ognuno cerca a suo modo di fare leva sull’Occidente, il vero test sarà quello dell’economia e in particolare il Turkish Stream, il progetto di gasdotto russo per aggirare l’Ucraina. Il leader turco ha promesso che verrà avviato, gli americani lo avevano bloccato un anno fa affermando che la Russia si serve del gas come di un’arma puntata contro l’Europa. Putin può sedurre la Turchia, pivot orientale della Nato, con offerte allettanti: oggi il giro d’affari bilaterali è di 30 miliardi dollari, potrebbe raggiungere i 100 nel 2020. La Russia rimuoverà gradualmente le sanzioni verso la Turchia,  e la Turchia è pronta a fornire gas russo all’Europa rilanciando il progetto per la realizzazione del gasdotto Turkish Stream, come  ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nella conferenza stampa. Putin, ovviamente,  ha salutato la decisione come positiva. I lavori per il primo tratto del gasdotto Turkish Stream, per unire Russia e Turchia, saranno terminati nella seconda metà del 2019, come  ha detto il ministro dell’Energia russo Aleksandr Novak, a margine dell’incontro tra Putin ed Erdogan.  Novak ha inoltre dichiarato che sono già iniziati i colloqui tra Gazprom e la parte turca per il gasdotto: ‘Senza le garanzie europee, si può trattare solo la prima parte del metanodotto’, ha precisato il ministro. I negoziati ora proseguono nel ‘formato esteso’ presso la sala ovale del Palazzo di Costantino a San Pietroburgo. Nella delegazione russa figurano il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, l’assistente presidenziale Yuri Ushakov, il boss di Gazprom Alexei Miller, il ministro dell’Energia Alexander Novak.  Russia e Turchia vogliono, fermo restando quanto sottolineato in precedenza,  ripristinare la normalità delle relazioni tra di loro.

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