‘Omertà – Capaci, 23 maggio 1992’, monologo di teatro sociale in scena a Padova con la regia di Romina Ranzato

Dopo il successo di pubblico e critica per la loro rilettura contemporanea del Frankestein di Mary Shelley, i Barabao Teatro tornano in scena proponendo stavolta il teatro sociale a Padova con   ‘Omertà. Capaci, 23 maggio 1992’,  con la regia di Romina Ranzato, organizzazione di Micaela Grasso, coordinatrice di Teatro Ragazzi Calendoli,  con il patrocinio del Comune di Padova e della Fondazione Antonino Caponnetto.

All’Auditorium Altinate San Gaetano, a Padova, nella sala  che fino a pochi anni fa era l’aula bunker del Tribunale di Padova, debutta il più bello spettacolo teatrale mai ideato sulla guerra alla mafia e prende forma la battaglia vinta del maxiprocesso, conclusosi nell’aula bunker di Palermo, il 16 dicembre 1987. Furono giudicati 460 imputati, furono comminati 2665 anni di reclusione e 19 ergastoli, per assassini, trafficanti di droga e di morte, persone abituate a comandare in ogni campo, abituate a trincerarsi dietro la maschera demoniaca dell’uomo d’onore. Il 16 dicembre 1987 la mafia perde.

Una splendida rivisitazione della durissima battaglia, combattuta a Palermo, fra i giudici di buona volontà e le cosche mafiose che tiranneggiano la Sicilia e l’Italia intera. È il maxiprocesso alla mafia, il più grande processo penale mai celebrato al mondo.

In scena Ivan Di Noia in un monologo che affronta uno dei temi caldi della nostra storia recente: l’assassinio di Giovanni Falcone e il Maxiprocesso alla mafia. Un monologo strutturato a quattro voci perché, per parlare di Giovanni Falcone e del Maxiprocesso, la regista ha scelto di concentrare l’attenzione sui quattro personaggi chiave che, a partire dalla strage di Capaci del 23 maggio 1992, hanno aperto una breccia sul muro dell’omertà.

Ivan Di Noia, si finge il super testimone Tommaso Buscetta, con tanto di inflessione siciliana; disegna in poche battute la mafia vecchia e quella nuova. Si sente l’unico ‘uomo d’onore’ rimasto in circolazione. Ma Falcone lo convince che,  testimoniando al processo,   perderà il suo status di ‘uomo d’onore’ e diverrà soltanto ‘un uomo’ e:  ‘Mi creda, Buscetta, sarà la cosa più difficile’.

Di Noia dà vita a tutti i personaggi, flette tutte le voci, interpreta tutti gli interessi in gioco. Passa dal siciliano di Riina, all’italiano, dalla voce ferma dei giusti, a quella spietata di Michele Greco. Si cambia di continuo la giacca. Così prendono forma quattro protagonisti Giovanni Falcone, Tommaso Buscetta, Michele Greco, Totò Riina; ma rivivono anche gli altri: Ninì Cassarà, Antonino Caponnetto, Giuseppe Montana, Paolo Borsellino. Sullo sfondo del palcoscenico si muove lo Stato, nella sua doppia veste di chi lo sa servire, e di chi lo umilia con il compromesso.

Personaggio chiave è senz’altro Giovanni Falcone, che è giudice a Palermo; un giudice che ha come obiettivo quello di colpire il cuore della mafia. Una mafia che da tempo immemore tiene sotto scacco non solo la Sicilia, ma l’Italia intera.

Il secondo personaggio chiave è Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi, catturato in Brasile. Buscetta fa parte della mafia perdente. I suoi familiari sono stati tutti falciati dalle vendette trasversali e Buscetta li vuole vendicare. Parlando. Grazie a lui per la prima volta l’Italia scoprirà cos’è la mafia, chi sono i capi, quanti i mafiosi, come si struttura ‘Cosa Nostra’, i rapporti tra Stato mafia e politica. Buscetta è il personaggio chiave che permette al Pool Antimafia di istituire il Maxiprocesso alla Mafia. Buscetta è il primo pentito ad infrangere la regola fondamentale della mafia: l’omertà.

Altro personaggio è Michele Greco, detto il Papa. Rimane scalfita nella memoria collettiva della nazione la sua celebre e terribile dichiarazione: dietro alle sbarre si rivolge alla Corte augurando ai giudici la pace. E tutti capiscono che sta parlando di una pace eterna.

Chiude il quadrilatero dei personaggi Totò Riina con la sua allucinata volontà di combattere tutti quelli che cercano di ostacolare la sua ascesa.

Spiega Romina Ranzato: ‘Quella del 1992 era una mafia stragista, devastante. La mafia esiste però dal 1800 e sappiamo bene che a tutt’oggi stringe affari con la politica e le istituzioni. Un fenomeno che si è esteso nel sociale, si è diffuso a livello comportamentale: è diventato un modo di fare, una prassi. Lobbismo, raccomandazioni, specifico di interessi. La mafia si è radicata nella mentalità. Diventando cultura’.

Ricorre quest’anno il 25esimo della morte di Giovanni Falcone ed il 30esimo anno dalla sentenza del Maxiprocesso e  lo spettacolo è stato pensato anche per gli studenti delle scuole medie e superiori.

Cocis

 

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